Lo scaffale di Tellus
Salvatore Niffoi. La vedova scalza
19 Gennaio 2007
 
Salvatore Niffoi
La vedova scalza
Adelphi, 2006, pagg. 182, Euro 15
 
«Me lo portarono a casa un mattino di giugno, spoiolato e smembrato a colpi di scure come un maiale. Neanche una goccia di sangue gli era rimasta».
È questo lo sconvolgente incipit del romanzo La vedova scalza, di Salvatore Niffoi, Premio Campiello 2006, storia che parte da un omicidio efferato e che narra con efficace realismo la vita di un paese sardo, nella Barbagia, precisamente. Con una scrittura che attinge a piene mani dal dialetto di quei luoghi, indifferente al fatto che inevitabilmente qualche costrutto vada perso dal lettore. Ma è una scelta vincente, quella di Niffoi, che porta chi legge a immaginarsi dentro alle sue righe, ad avvertire quasi sulla pelle il caldo dell'estate narrata, le voci dei personaggi, gli odori e le caratteristiche di ogni posto rappresentato.
La vicenda narrata è quella di Mintonia, giovane donna che sfidando le imposizioni ipocrite di una società arretrata e maschilista si innamora di Micheddu e, senza saperlo, si sottopone con lui, con questo suo grande amore, al solito cliché di quella realtà e di quei tempi: dovrà essere moglie accomodante, accettare un uomo che si barcamena anch'egli come tutti i suoi amici, al limite della criminalità, tacere e difenderlo, passare sopra ai suoi tradimenti, fino ad arrivare a vestire i panni della sposa bianca, col marito che deve vivere nascosto -«in banditanza»- perché accusato di cose terribili e perseguito dalla legge.
Nonostante tali premesse, l'amore fra Mintonia e Micheddu viene costantemente descritto (in prima persona, dalla donna stessa) come un legame indissolubile, che niente e nessuno - neanche la morte - potrà sciogliere.
Un legame che, anzi, deve essere onorato con la vendetta e sarà infatti quest'ultimo pensiero ad animare Mintonia durante l'intero svolgersi del romanzo.
Tra il dipanarsi della vicenda e i flash back nell'accorato resoconto di Mintonia a tornare sui ricordi indelebili di un amore di gioventù violento e appassionato, il romanzo procede facendo incontrare al lettore vari personaggi che arricchiscono la scena, come l'amata nonna di Mintonia mannai Gantina, maestra di dolore e di saggezza, con la sua sapienza popolare di impareggiabile utilità nell'affrontare l'esistenza; il parroco don Zippula, con le sue morbose attenzioni; la nipote Itriedda, depositaria della morale che Mintonia vorrebbe si traesse dalla sua storia drammatica; il brigadiere Anselmo Centini e la di lui avvenentissima moglie e Signora; Zosimminu, autista del postale, innamorato da sempre di Mintonia, di un amore disinteressato e totale.
«Il passato non si brucia quando è di colpa: forse può insegnare a qualcuno il perdono, evitargli la lunga pena del rimorso, fargli fare pace con Dio prima che sia troppo tardi» dice Mintonia, affidando i ricordi accantonati della sua vita alla salvifica esperienza della scrittura.
 
Annagloria Del Piano
(da 'l Gazetin, gennaio 2007)

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