In tutta libertà
Gianfranco Cercone. “Chesil Beach” di Dominic Cooke
26 Novembre 2018
 

Un film intimista è in fondo una lente che ingigantisce i moti, anche i più segreti, dell'animo. I fatti in questo genere di film, mai clamorosi, mai davvero eccezionali rispetto alla vita media delle persone, sono considerati come la conseguenza di quelle catastrofi interiori, o magari di quei momenti di esaltazione o di estasi, che si producono nel cuore dei personaggi, e che costituiscono il vero centro di interesse del racconto.

Chesil Beach (sottotitolo: “Il segreto di una notte”), un film inglese diretto da Dominic Cooke, tratto da un romanzo breve di Ian McEwan, è in sostanza la storia di un matrimonio non consumato; e in particolare del viaggio di nozze nel quale il primo rapporto sessuale tra gli sposi dovrebbe avvenire, ma, contro ogni aspettativa in primo luogo degli sposi stessi, non avviene. E indaga sul come e sul perché non avvenga.

Ricorre per questo a dei flash-back, nei quali sono ripercorsi alcuni eventi familiari che possono aver prodotto, per ragioni diverse nei due sposi, quel trauma che li ha resi inibiti. Ma allo stesso tempo quegli scorci del passato inquadrano il clima culturale nel quale i due protagonisti sono cresciuti e diventati adulti. Il racconto è collocato nell'Inghilterra dei primi anni Sessanta, quando un puritanesimo ancora diffuso, a quanto mostra il film, impediva di parlare in famiglia apertamente del sesso; e l'istruzione in materia delle ragazze, anche le più colte, le più brillanti, poteva avvenire anche soltanto attraverso un libro, un manuale, letto clandestinamente.

Così chi avesse incontrato nell'espressione della propria sessualità un ostacolo – una barriera interiore – avrebbe probabilmente dovuto affrontarlo in solitudine, pieno di vergogna, senza potersi confidare con le persone più vicine.

Ma si sa che in arte più che le spiegazioni, più che i presupposti, conta la resa dei momenti concreti di vita dei personaggi. E la riuscita di Chesil Beach è in primo luogo in un pranzo, consumato soltanto dai due sposi, in una camera d'albergo, separati da una tavola imbandita, durante il quale tentano di parlarsi dolcemente, ma le parole, come si dice, gli si inaridiscono in gola, perché le loro menti sono proiettate su ciò che di lì a breve dovrebbe accadere sul letto adiacente alla tavola; ciò che non viene mai nominato, ma che entrambi evidentemente sanno urgente, necessario: un dovere sociale, molto più che un piacere.

E la tenerezza, la dolcezza pretese, si trasformano del tutto comprensibilmente in fastidio, in rigetto, e poi in rabbia e in furore.

I due ragazzi si amano, eppure il fallimento disastroso del loro primo rapporto sessuale, comporterà anche il fallimento del loro matrimonio e del loro amore. Non si tratta di due nevrotici gravi. Entrambi, dopo quella catastrofe, riusciranno a ricostruire le proprie vite.

La morale che il racconto suggerisce è che se i due avessero avuto la forza e l'intelligenza di confidarsi per tempo i propri problemi, di accostarli con delicatezza, se il ragazzo in particolare non si fosse lasciato accecare dal proprio orgoglio maschile ferito (dopo la ripulsa della moglie), quei problemi forse si sarebbero sciolti naturalmente.

Chesil Beach è insomma la storia, commovente, straziante, di un amore distrutto in primo luogo da una cultura repressiva.

I film intimisti richiedono più di altri attori molto bravi. I due giovani interpreti di Chesil Beach sono eccellenti: la ragazza è intepretata da Saorse Ronan, il giovane marito inesperto da Billy Howle.

Da vedere.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 24 novembre 2018
»» QUI la scheda audio)



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