In tutta libertà
Gianfranco Cercone. “La notte di San Lorenzo” di Paolo e Vittorio Taviani
02 Settembre 2018
 

La contaminazione tra il Mito e la Storia, che ha un'antica e gloriosa tradizione letteraria, si è rivelata a volte feconda, da un punto di vista artistico, anche al cinema.

Del resto, i miti, si sa, sono favole, ma favole di un tipo particolare, perché se la loro apparenza è inverosimile, fantastica, contengono una tale dose di verità, che la memoria collettiva le ha tramandate nei secoli, perché, credo, ha avvertito che possono riferirsi ai fatti di ogni tempo e di ogni luogo, aiutarci a comprenderli più a fondo.

Raccontando un piccolo episodio della Seconda Guerra Mondiale, un episodio da loro direttamente vissuto, i fratelli Taviani, in un loro film del 1982, La notte di san Lorenzo, che sarà riproposto in questi giorni, precisamente il 2 e il 3 settembre, al festival del cinema di Venezia, in una versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Paolo e Vittorio Taviani avevano scelto, appunto, la chiave del Mito. Non soltanto il loro film contiene riferimenti espliciti agli eroi mitici di un poema di Omero, l'Iliade. Ma il Mito segna in modo continuativo e profondo lo stile del racconto.

Tutto il film è la visualizzazione del racconto che una madre fa al figlio bambino, durante una notte di san Lorenzo che si immagina coeva alla realizzazione del film, il racconto di un fatto reale, occorso alla madre quando lei era bambina, ma impostato con il tono con cui si racconta una favola (e i miti, in origine, si sa, erano tramandati oralmente).

Il fatto, in sé, è povero di sviluppi narrativi.

Nel '44, quando l'Italia era invasa dalle truppe naziste, in un paese toscano, San Martino (ma storicamente, si tratta, in effetti, di San Miniato), i tedeschi, prima di procedere a un bombardamento delle case, ordinano alla popolazione di raggrupparsi nella cattedrale, in apparenza per salvaguardarla, ma in effetti, si scoprirà presto, per sterminarla.

I più accorti tra loro non obbediranno all'ordine dei tedeschi e vagheranno come profughi per la campagna toscana, nell'attesa dell'arrivo dell'esercito di liberazione americano.

Il film in sostanza è il racconto di questo viaggio, costellato di alcuni episodi cruenti, perché tra i profughi ci sono partigiani della Resistenza antifascista, che si scontreranno con altri italiani, invece fascisti.

Si tratta di episodi frammentari, non collegati da uno sviluppo romanzesco.

Ma ciò che rende questa cronaca di un episodio di guerra – tragico, ma in fondo simile a tanti altri – la rende vivida, esaltante, nei suoi orrori e nei suoi momenti di gioia, è il punto di vista da cui è raccontata, che, lo ricordo, è quello di una bambina, che vive la disgrazia come una straordinaria avventura, per quella nota virtù dello sguardo dei bambini di mitizzare gli oggetti e le persone su cui si posa.

Se altri film, anche belli, hanno raccontato la guerra attraverso immagini un po' decolorate, nel film dei Taviani è esaltato il verde delle campagne, il giallo dorato del grano, così come gli occhi azzurri di un partigiano. Allo stesso tempo sono esaltate le qualità dominanti dei personaggi: la generosità, la prudenza, la vigliaccheria, la malvagità. Ma anche la passione, il desiderio, l'amicizia, sono condotti a un alto grado di intensità.

In tale idealizzazione della realtà, non stona che gli scontri tra fascisti e partigiani si trasfigurino, per qualche attimo, in una scena rimasta famosa, in una delle battaglie campali tra i Greci e i Troiani.

Eppure il sentimento che conclude il film è più complesso, meno primario. La notte di san Lorenzo è quella in cui si esprimono i desideri, che dà adito alla speranza. E certo i profughi del racconto sperano nel termine della notte: di sopravvivere, ma anche di approdare in un domani migliore.

Ma nel film la speranza è resa incerta, dolorosa, come quella di un amore che non si è realizzato in gioventù, che è coronato per una notte nella tarda maturità, ma che potrebbe disperdersi di nuovo.

È un film molto bello, ricco di invenzioni visive, nel quale spicca anche la travolgente colonna sonora di Nicola Piovani.

Sarà proiettata al festival di Venezia, in versione restaurato, in omaggio a Vittorio Taviani, scomparso quest'anno.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 1° settembre 2018
»» QUI la scheda audio)


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