Doppio cognome. Dal modello patriarcale a quello statalista? La cultura non si cambia per legge
11 Gennaio 2007
 

 

Da sostenitrice del doppio cognome per i figli e prima firmataria di una proposta di legge che ha raccolto adesioni trasversali non vorrei l'imposizione di quella che dovrebbe invece essere una libera scelta.

In commissione Giustizia del Senato è in atto uno scontro tra la possibilità di scegliere il cognome da dare ai figli: del padre, della madre o di ambedue, come propone la commissione, oppure il doppio cognome per tutti, tesi del Governo.

Il ministro della Famiglia Rosi Bindi spiega che altrimenti non ci sarebbero cambiamenti, la donna continuerebbe ad essere discriminata e il cognome prevalente sarebbe quello paterno: «...per adeguare la legislazione al resto dell'Europa ci dobbiamo fare una cura un po' scioccante».

Siccome stiamo parlando di un cambiamento culturale, imporlo per legge, anche se va nella direzione auspicata, è sempre pericoloso.

Perché, allora, non imporre il solo cognome della madre?

Questa volta può favorire la donna, ma la prossima?

Compito della legge è, invece, predisporre e favorire pari opportunità e libera scelta, promuovendo l'informazione e dando supporto adeguato alle decisioni.

Spero che il ministro ritiri la "minaccia" della contrarietà del Governo, visto che è urgente una legge in materia, come più volte auspicato dalla Corte Costituzionale, anche lo scorso febbraio. La legislazione è arretrata, ma occorre cambiarla nella direzione più liberale possibile, non passando dal modello patriarcale a quello statalista paritario.

 

Donatella Poretti


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