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In libreria/ Alberto Figliolia. “Avverbi di vita” di Claudia Cangemi
22 Luglio 2018
 

Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Come quattro punti cardinali. Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Già una poesia. Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Sono le quattro sezioni in cui è divisa l'ultima antologia di Claudia Cangemi: Avverbi di vita, un titolo che rivela il rischio dell'irrimediabile nei giorni dell'esistere, ma anche l'antidoto dell'imprevedibile che può scombussolare il già scritto, il fato. (In fondo la vita è come un'immagine bifronte).

È un libro composito Avverbi di vita, complesso ma mai arrogantemente intellettualistico, semmai coraggioso nel suo svelare la fragilità individuale e la difficoltà del mondo, uno sguardo fuori e un viaggio dentro di sé, nei meandri della propria identità, alla ricerca di quel senso che talora pare mutare in non senso, fra i naufragi del cuore e la tenacia delle radici che non voglion farsi svellere. Con la forza antica e nuova/ che non sapevo di avere/ ho sollevato di peso/ la mia vita deragliata/ per rimetterla e tenerla/ sui binari di un presente// Ho riempito la fornace/ ormai spenta e desolata/ d'anni e disamore/ e soffiato sulle braci/ d'ostinata fiducia/ e passione ritrovata// Ora che viaggio a vista/ non mi illudo di guidare/ questa vecchia locomotiva/ verso orizzonti di gloria/ ma ho imparato finalmente/ a godermi il panorama.

C'è una parola francese bellissima (e drammatica): déraciné, sradicato per l'appunto, quel sentimento di estraneità che ci coglie sempre impreparati anche quando siamo immersi nel fluido della normalità (ma nulla è forse più tremendo della normalità...), quella domanda eterna, alla Gauguin; è L'urlo di Munch, è il sottile disagio... eppure ci salverà sempre la luce che sorge dopo il cupo manto notturno o il fuoco di un tramonto che riassume in sé la storia del mondo.

Scorriamo attraverso le pagine del libro, passando per la corona dolce e spinosa degli affetti familiari, per la coscienza ferita da ogni vulnus inflitto alla Terra – Spettri d'alberi/ protendono rami nudi/ all'implacabile azzurro/ di un cielo senza nuvole/ in un gesto sospeso/ tra protesta e preghiera/ a implorare il ritorno/ dell'acqua della vita/ nel letto asciutto/ di un fiume che si è perso/ tra le dune del tempo – o dall'iniquità di cui è tragicamente capace l'Homo sapiens sapiens (vedi la poesia dedicata a Etty Hillesum, scrittrice olandese (quella del celebre, immenso e toccante Diario) perita ad Auschwitz); passiamo attraverso una foresta di metafore e simboli – Troppo bella/ per permetterti il lusso/ di offrirti allo sguardo/ rapace degli uomini// Troppo viva/ di colori sfacciati/ che attirano insetti/ e animali voraci// Nel giardino dell'Eden/ il tuo stelo sottile/ era liscio e innocente/ come pelle di bimba// Ma poi qualcuno volle/ rinchiuderti in un vaso/ credendo che bellezza/ si possa possedere// Spuntarono le spine/ ingenua ribellione/ a chi dice di amarti/ e ti uccide cogliendoti – e, di nuovo, alto si leva un grido di dolore contro l'orrore della guerra – la bellissima Sogni e incubi: Nel fango atroce di trincea/ persero l'innocenza/ le illusioni e la vita/ quei ragazzi partiti/ sulle ali dei sogni/ di gloria e di conquista/ o strappati a forza/ alle zolle risapute/ della fatica semplice// Gettati allo sbaraglio/ fra ordini sbraitati/ in una lingua ignota/ fucilati alla schiena/ o lasciati a morire/ oltre il fronte spezzato/ conobbero l'orrore/ del sacrificio vano/ di una guerra sconfinata// Un secolo è trascorso/ da quell'alba sul Piave...

Dentro. Fuori. Altrove. Ovunque. Quattro movimenti per un'opera. Un'opera incompiuta quale ogni vita in definitiva è. Però... La saggezza delle madri/ porta nel grembo il mondo/ lo nutre e lo protegge/ attraverso i millenni/ accettando il destino/ del più crudele e dolce/ tra tutti i paradossi:/ farsi ponte d'oro/ all'amore che fugge.

Ecco la risposta, il senso... farsi ponte d'oro/ all'amore che fugge.

 

Alberto Figliolia

 

 

Claudia Cangemi, Avverbi di vita. Poesie

La Vita Felice, 2018, pp. 68, € 10,00


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