In tutta libertà
Anna Lanzetta. Il cinema che emoziona: “Chiamami col tuo nome”
Timothée Chalamet nella parte di Elio Perlman
Timothée Chalamet nella parte di Elio Perlman 
11 Luglio 2018
 

Un film eccellente, il cui filo conduttore si dipana, senza mai spezzarsi tra luoghi dove la fotografia diventa parte integrante di una bellezza a dir poco divina mentre si diventa tutt’uno con i paesaggi in cui l’arte del raccontare, espressione pura del sentimento, traccia senza risparmio luoghi, tempi e personaggi in una confluenza dove si entra in sintonia con l’interiorità di ogni personaggio; un gioco di psicologie che coinvolge ad ogni dialogo, ad ogni sequenza senza mai stravolgere, con un gusto raffinato, apparentemente leggero e sofisticato, ma in realtà profondo, denso di sentimenti, di malinconie, di ricerca del proprio essere, di scoperta del proprio io, delle proprie pulsioni, dei propri desideri. Una storia pregna di stati d'animo del protagonista che attraverso la parola e gli sguardi rivela sensazioni mai provate, pulsioni a volte cercate, a volte indefinibili che per traslato, catturano ognuno. Ci si interroga, ma scevri da giudizi o da contaminazioni e si resta presi nel groviglio dei sentimenti.

Chiamami col tuo nome è un film che parla della diversità, dell’amore tra Elio e Oliver, attraverso i sentimenti e pone una serie di interrogativi sui giudizi spesso espressi, dove predomina il non senso. Un film che riconcilia l’individuo con se stesso, che supera ogni pregiudizio, che accomuna attraverso la bellezza sentimenti ed emozioni, un incontro generazionale dove lontano è il dramma nello scoprire qualcosa di poco consono, tranne che in qualche frase “mio padre mi avrebbe mandato al riformatorio”. Tutto concorre a fare di questo film un capolavoro, sceneggiatura e interpretazioni, memorabile quella di Elio dove la fisionomia del volto, interpreta, anticipa, comunica, in un susseguirsi di atti, le scene che si mutano nel pensiero stesso, una fisionomia che si trasforma come la sua interiorità e che permane anche nello scorrere ultimo dei nomi. È verso la fine che si recupera l’intera trama che diventa chiara e leggibile nell’“addio” dei protagonisti, nel pianto e nell’infinita tristezza e solitudine di Elio, nella posizione che assumono i genitori di appoggio e di comprensione. Resta memorabile il discorso del padre al giovane Elio, su ciò che ha vissuto, che ha provato, nella scoperta del senso della vita, espresso con parole misurate senza mai travalicare, dette con un’apparente leggerezza, ma traslate fino a noi attraverso la bellezza del discorso, parole che fermano, inchiodano, insegnano, destabilizzano ma che lasciano nel cuore un faro che nessun tempo potrà spegnere.

 

Anna Lanzetta


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