Diario di bordo
L’irriverente degli Stati Uniti d’Europa. Dimmi cosa fai e saprò chi sei
18 Aprile 2018
 

Firenze – Grande eco per l’intervento del presidente francese Emmanuel Macron al Parlamento europeo. Soprattutto perché in questi ultimi tempi, a parte gli aficionados che riescono a star dietro al procedere del pachiderma burocratico di Bruxelles cogliendo i non pochi aspetti e le altrettanto non poche ricadute sul nostro quotidiano, di Ue se ne sente parlar male e, ogni volta che c’è un qualche responso delle urne, gli europeisti non ne escono bene (vedi recenti elezioni in Ungheria). Macron ha esplicitato e fatto appello per “una sovranità reinventata dell’Europa per far fronte alle battute d’arresto nazionali”. “Una sorta di guerra civile sta emergendo. Stano venendo a galla i nostri egoismi nazionali e il fascino illiberale”. Belle parole. Una premessa per dei fatti che, nel prossimo giugno, dovrebbero portare all’introduzione di un ministro unico Ue per le Finanze, col compito di gestire nuove regole per i bilanci dei Paesi dell’eurozona, con la prospettiva di un unico budget… Con chi e come, è tutto da capire. Visto che il partner per eccellenza del presidente francese, il tedesco, considerando quello che sta accadendo nel partito della cancelliera Angela Merkel, non sembra molto disponibile. Ma è la politica. Vediamo come butta, visto che possiamo solo osservare pur essendo quotidiani fruitori delle decisioni degli esecutivi di Bruxelles.

Ma intanto, cerchiamo di capire, buttandola anche sull’irriverente, qual è, e di quale portata, il messaggio del presidente Macron.

Sostanzialmente è: diamoci da fare per meglio articolare e usare le politiche di Bruxelles, contrapponendole a quelli che, per vari motivi, le reputano negative e ce lo ripetono ogni giorno (anche ben ascoltati dai più) nelle forme tipiche della rabbia e del populismo: salva il mio piatto di lenticchie di oggi e domani (anche non dandone una piccolissima parte ai vari disperati del mondo che bussano ai nostri confini), ché all’arrosto dei prossimi giorni ed anni non ci si crede, e per i piatti di lenticchie di dopodomani, ci pensino quelli a venire.

Quindi l’Europa è bella per questo e per quest’altro. Economia e diritti e sicurezza, essenzialmente. Che in quanto a lavoro si è tutti un po’ imbarazzati perché le spinte nazionali (vedi delocalizzazione di aziende in Paesi Ue con fiscalità meno rapaci e conseguenti destabilizzazioni lavorative di interi territori) riescono a farci impallidire anche i più convinti europeisti.*

Ma cosa fa nel frattempo il presidente Macron? Insieme ad americani e britannici bombarda le presunte industrie chimiche siriane che sarebbero colpevoli di aver gassato non pochi civili pur di combattere gli avversari del regime di Assad. A parte l’azione in sé (nel suo effetto a mo’ di cazzotto di risposta) che non si capisce, nella sua estemporaneità, dove possa portare (il classico: e poi?), il Macron che ha perorato all’Europarlamento una “sovranità reinventata dell’Europa”, ha agito al di fuori di Onu, Nato e Ue. Proprio come aveva fatto, sempre la Francia anche se non c’era ancora Macron, qualche anno fa destabilizzando unilateralmente la Libia, con costi umani ed economici che si sono riversati sulle sponde italiane, con la scarsissima conseguenziale collaborazione dei partner Ue al nostro Paese.

Siamo noi molto irriverenti nel rilevare che ognuno si fa i fatti propri, anche dicendo e prospettando il contrario? Dove e come andiamo? E soprattutto, come si fa a far capire l’importanza e la determinazione dell’Ue?

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

 

 

* Riguardo alla vicenda Embraco, azienda “sfatta” nel tempo con contributi pubblici continui e che ha deciso di trasferirsi in Slovacchia, dove tutto “costa” meno, incluso il fisco, Emma Bonino ha dichiarato: «Al momento le aziende delocalizzano perché adesso ogni Stato ha regole fiscali e del lavoro differenti. Per questo occorre Più Europa, per procedere verso armonizzazione, altrimenti gli imprenditori vanno dove conviene». Dove si intuisce che la convenienza sia una sorta di aberrazione che uno Stato europeo dovrebbe correggere… alla faccia dell’economia di mercato e del federalismo (anche fiscale, come in Usa, dove sono proprio le differenze tra Stato e Stato che fanno sì che l’economia tiri come non mai in quel Paese).


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