Lisistrata
Lidia Menapace. Come e perché 
(Sulla mia candidatura per Potere al Popolo)
19 Gennaio 2018
 

La notizia che ho accettato la candidatura offertami da POTERE AL POPOLO e che di conseguenza sono candidata alle prossime elezioni nazionali nel collegio della mia regione, ha suscitato molte reazioni entusiastiche e di sollievo, come se in qualche modo risolvesse una difficile questione sul prossimo voto (ringrazio), ma anche qualche dissenso, vero, serio, sentito che esprime pur con grande affetto e rispetto, una profonda delusione nei miei confronti (naturalmente lecitissima, ma che mi spiace e colpisce molto).

Ci ho pensato ed ecco il frutto dei miei pensamenti che avrei amato esprimere per prima, se la fatal notizia non fosse trapelata in anticipo. Facciamo come se invece tutto fosse andato nell'ordine preferito, cambiando posto agli addendi, la somma non cambia.

In una situazione pericolosa per la democrazia e la pace e senza soluzioni costituzionalmente corrette o almeno accettabili, la prima decisione è di dedicarsi ad azioni di democrazia diretta, (“cerca la maglia rotta nella rete” avrebbe detto Montale) e a costruire azioni politiche autonome dal contesto (non dal sistema). Sono azioni politiche molto belle serie importanti coinvolgenti, che portano con sé interrogativi domande esempi relazioni, costruiscono un tessuto relazionale forte e piacevole, libero. L'ho provato e non racconto favole: si sperimenta un modo di fare politica molto efficace creativo relazionale ed empatico.

Quando Potere al Popolo ha incominciato a correre da Napoli, mi è stato chiesto un giudizio sulla faccenda: ne ho espresso uno molto positivo, che qui non occorre ripetere, e ho incominciato ad avere corrispondenza con altri di Potere e anche con la “capa” napoletana, dotata di umorismo e decisione, insomma mi è andato tutto a genio, la cosa si è messa a correre ed eccomi richiesta di candidare quassù ecc. Perché ho detto si? che cosa penso si possa fare in parlamento in una congiuntura come l'attuale? (dato per ipotesi che qualcuno/a di noi ce la facesse ad arrivarci).

A me viene in mente che si potrebbe fare come il movimento operaio fece ai suoi inizi, quando Lenin accettò di prendere parte alle elezioni per usare il seggio come una TRIBUNA, niente altro. Anche a noi una tribuna può ancora servire, dato che come Comitato per la difesa e attuazione della Costituzione non veniamo mai nemmeno citati/e. Se poi il Comitato per la difesa della Costituzione ecc. volesse avviare una qualche legge d iniziativa popolare, chi fosse stato per caso eletto/a in parlamento potrebbe accogliere quella legge, farla mettere all'odg dei lavori, farla votare e, se respinta, com'è ovvio, farci su lotte e proteste e manifestazioni ecc. ecc. Insomma ci sarebbe da divertirsi, il che non guasta, in una morta gora come la politica attuale rischia di essere.

 

Lidia Menapace


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