Arte e dintorni
Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915 – 1925
07 Gennaio 2018
 

L’esposizione “Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925” aperta alle Scuderie del Quirinale fino al 21 gennaio 2018 a cura di Olivier Berggruen e Annunciata von Liechtenstein (catalogo Skira), raccoglie più di cento opere, disegni, gauaches, bozzetti, schizzi per costumi di scena, lettere autografe e cartoline.

Il 17 febbraio 1917 Picasso arriva a Roma con Jean Cocteau al seguito della compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djagilev. Ѐ in preparazione il primo balletto cubista della storia, Parade, (ideato dallo stesso Cotteau, con musiche di Erik Satie) di cui l’artista spagnolo sarà autore di costumi e scenografie.

Alloggiato in quell’angolo di paradiso che era ed è l’Hotel de Russie, Picasso si abbandonò alle dolcezze della vita romana, e mentre visitava i musei e i tesori della città, s’innamora di Olga Khokhlova, la danzatrice dei Ballets Russes che l’anno successivo sarebbe diventata sua moglie. Di lì con Cocteau e con il coreografo Léonide Massine, si sarebbe spinto a Napoli e Pompei, dove avrebbe trovato nuove e non meno potenti fonti d’ispirazione.

La mostra rigorosa e bellissima, nata per il progetto “Picasso-Mediterranée” del Musée Picasso a Parigi, e prodotta da Ales e Mondo Mostre Skira con le Gallerie Nazionali di arte Antica, che a cent’anni da allora celebra a Roma quel viaggio-rivelazione. Fra il centinaio di capolavori che espone, esibisce prove inconfutabili, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di ciò che Picasso attinse a Roma e a Napoli: il piccolo e luminoso Deux femme courant sur la plage (Due donne che corrono sulla spiaggia), 1922, immagine-guida della rassegna, evoca e rielabora infatti, seppure declinando una chiave panica e gioiosa, una drammatica figura della Stanza di Eliodoro di Raffaello in Vaticano.

Entrando nella prima sala della mostra si trovano quadri grandi che lasciano da subito un’impressione profonda. Sono figure di Picasso che ancora non si fanno riconoscere nella sovrapposizione dei rettangoli, colori puntinismo nella sua più tarda espressione artistica, ma che comunque trasmettono quel sentimento di confusione che spesso si ha nell’osservare il mondo.

Vi sono ad esempio Il ritorno dal battesimo da Le Nain del 1917, Uomo seduto al tavolo del 1916 e Arlecchino e donna con collana del 1917. Muovendosi lungo il percorso si trova il dipinto di Olga, uno dei più famosi, Ritratto di Olga in poltrona realizzato nel 1918 e lasciato apposta inconcluso. Il ritratto sembra un “ritorno all’ordine” e alle regole accademiche. Il disegno delle linee sinuose, che definisce con minuzia di dettagli i motivi delle stoffe, ricorda la maniera di Ingre. La trasparenza della camicetta che scivola leggera sulle spalle della donna, la stoffa che ricopre la poltrona e i colori vivaci e sfaccettati del ventaglio, danno al ritratto un’eleganza e un equilibrio nuovi all’opera di Picasso. Oppure c’è il Saltimbanco seduto con braccia conserte del 1923, dai colori pastello accesissimi, rosso e viola; o La danza del 1925, dove tre figure che in realtà ne rappresentano una sola, sono i tre momenti diversi della creazione artistica (distruzione, hic et nunc, rinascita).

Quando Picasso arriva a Roma l’Europa è in guerra, l’Associazione Artistica Internazionale presenta solo mostre legate al tema bellico, molti artisti si trovano al fronte e il clima che si respira nella strada è in generale decisamente meno festoso, sebbene certamente conservi quelle che sono le sue storiche tradizioni.

In poco di due mesi Picasso realizza i due grandi quadri e relativi studi de l’Italienne e Arlequin et femme au collier, diversi bozzetti della facciata di villa Medici e i costumi per Parade (di cui Picasso aveva già realizzato a Parigi alcuni disegni preparatori e che, dopo il suo soggiorno italiano, arriveranno a un’elaborazione originale e rivoluzionaria), a cui si aggiunge il grande progetto del sipario, poi realizzato a Parigi nell’arco di due settimane.

Lavorando a via Margutta, Picasso non può esimersi dal rappresentare la ciociara. Queste donne in costume folcloristico erano un soggetto molto popolare raffigurato da più di un secolo dagli artisti che vivevano e lavoravano in via Margutta.

Uno dei capolavori che l’artista realizza a Roma, in pieno stile cubista sintetico, è l’Italienne, preceduta da un acquarello in stile pointilliste. Tra gli elementi che distinguono il primo acquarello dall’opera definitiva, oltre alle chiare differenze stilistiche, è evidente l’inserimento dello scorcio della basilica di San Pietro, quasi a volerne precisare la connotazione ambientale.

I ritratti di Arlecchino e Pierrot che Picasso eseguì in questo periodo, molti presenti in mostra, sono influenzati dalla scenografia che aveva appena eseguito per il balletto Parade. A quest’ultima, infatti, si deve la scelta stilistica di rappresentare in modo tradizionale la maschera di Pierrot (come il Pierrot del Museum of Modern Art di New York). Il pathos che si ritrova in quest’opera è lo stesso che animava le malinconiche figure dei saltimbanchi. Come loro, la maschera francese è qui rappresentata priva di energie, stanca e disorientata. Lo sguardo perso nel vuoto e il capo è leggermente chino. La severità del volto contrasta con la ricchezza e la cura con la quale è stata eseguita l’elegante tovaglia che veste la parte destra della composizione. La nostalgia e la malinconia che si respirano in quest’opera non sono solo date dall’atteggiamento del Pierrot; sembra, infatti, che Picasso stesso s’identificasse in questa figura che non ha dimora, che vaga sempre da una terra all’altra.

La mostra culmina a Palazzo Barberini, nella sala affrescata da Pietro da Cortona, dove è esposto per la prima volta a Roma il sipario di Parade, una lunga tela di 11 per 17 metri.

Il soggetto del sipario ricorda una festa tra Arlecchino e personaggi del circo, simile a quelle che popolavano i quadri rappresentanti i saltimbanchi del Periodo rosa e precubista. Una grande cavalla bianca lecca il suo puledrino; una ballerina, in piedi sulla groppa dell’animale, gioca con una scimmia arrampicata su una scala. A destra, un gruppo di acrobati e di Arlecchini guarda la ballerina, mentre un cane dorme accanto ai loro strumenti. In fondo si scorge un paesaggio nel quale si intravvedono alcune rovine antiche. Predominano nella composizione il rosso e il verde, colori che Picasso potè apprezzare nelle sue visite agli affreschi di Pompei. Lo stile con cui fu eseguito il sipario differisce da quello che poi guida l’artista nella realizzazione dei costumi. Torreggianti sculture, corpi allungati e deformi coprivano, quasi interamente, gli attori, di cui si scorgevano solo le gambe, e che risultavano così goffi e poco identificabili.

Il pubblico rimase perplesso di fronte a questo collage informe di linguaggi e tecniche artistiche.

 

Maria Paola Forlani


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