Diario di bordo
Sandra Chistolini. Un ricordo tradotto in impegno 
La formazione dei tutori volontari per i Minori stranieri non accompagnati
centrominori.lapergola@gmail.com
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31 Dicembre 2017
 

Circa un anno fa parlavamo, io e Patrizia Garofalo, dei bambini migranti che continuavano ad arrivare in Italia e per i quali non riuscivamo a capire come si svolgesse l’iter di riconoscimento e di accoglienza. Il pensiero andava inevitabilmente ai nostri migranti, ai miei che dalla Valtellina erano emigrati negli Stati Uniti, e ai suoi che, avevo intuito, partivano da qualche località del Sud per andare a trovar benessere al Nord dell’Italia.

Ricordo Patrizia, ben nota a TELLUSfolio per le sue poesie, perché la sua prematura scomparsa ha lasciato in sospeso il nostro discorso e non posso non tornare con il pensiero all’occasione felice dell’incontro dell’estate 2016. Nel riflettere sulla difficile condizione dei minori non accompagnati, secondo la definizione comunemente usata per indicare i ragazzi, spesso portati dal mare in imbarcazioni stracariche, senza la presenza dei genitori, o di altra persona responsabile alla quale fare riferimento, ci interrogavamo seriamente sulla nostra capacità di aiutare.

Eravamo convinte che potessimo unire le forze e sostenere gli adolescenti nel percorso di ingresso nella comunità. Facevamo ipotesi di aggregazione, di iniziative da proporre, di supporti da condividere. Io avevo già seguito un anno di formazione organizzato da Roma Capitale, Dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della Salute, per poter essere adeguatamente preparata come tutore volontario del Comune. In effetti, dal 2014 al 2016 nessuno aveva messo mano all’Albo dei neo tutori volontari, nonostante il crescente bisogno di accompagnamento dei minori, sempre più numerosi. Patrizia era, da parte sua, profondamente empatica con le situazioni dei bambini migranti e voleva rendersi disponibile. Progettava di andare ad offrire la propria opera a chi coordinava le destinazioni dei minori. Era agosto, e dopo qualche giorno di scambio di idee sul come muoverci, ci lasciammo con l’impegno di cercare di sapere meglio in che modo potevamo essere utili. Per il momento, l’aiuto immediato era quello di scrivere su TELLUSfolio, dando voce a quanto le nostre sensibilità trasformavano in versi e in parole. I versi ad un certo punto si sono fermati, le parole hanno continuato a scorrere. Esistono comunque sempre ambedue.

Inaspettatamente, alla fine del mese di luglio 2017 è arrivata una email firmata dal Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, con la quale si chiedeva un colloquio per operare come tutori volontari. Ho ripensato a Patrizia e alle nostre conversazioni ed avevo la sensazione che qualcuno cercasse di rispondere alle nostre domande. Il Garante voleva conoscere i tutori volontari e chiedeva la disponibilità ad una ulteriore formazione, per meglio accogliere e seguire i MSNA, ovvero i Minori Stranieri Non Accompagnati. Si dava così inizio ad un nuovo corso intensivo svolto da ottobre a novembre ed in seguito al quale a fine dicembre si comunicava ufficialmente il superamento delle prove necessarie ad attestare l’attitudine a svolgere la funzione di tutore volontario.

Il corso di formazione è stato necessario sia per la sedimentazione della cultura sull’accoglienza maturata negli ultimi anni, sia per la conoscenza precisa dei compiti del tutore volontario. Gli esperti ai quali è stata affidata la formazione mostravano, nella maggior parte dei casi, la consistenza delle nuove competenze sviluppate nell’opera istituzionale, giuridica, medica, psicologica condotta spesso stando in prima linea. Viste dal di fuori, queste professionalità non si immagina neanche quanto siano fondamentali per tutelare i minori. Abbiamo le disposizioni normative che garantiscono il rispetto dei diritti umani del minore, la cura, l’orientamento della persona vulnerabile e a rischio. Tuttavia, tanto l’applicazione delle norme, quanto l’estensione delle buone pratiche incontrano difficoltà da gestire nell’interesse superiore del minore. Vigilare sulla prevenzione e promuovere le azioni più favorevoli al minore richiede un impegno vasto, non circoscrivibile solo alla figura del tutore volontario, eppure imprescindibile dall’esercizio di una funzione il cui profilo sta diventando dirompente nello stesso colloquio con le istituzioni. Il tutore volontario sta dalla parte del minore, come un genitore sta dalla parte del figlio, per assicurarne la crescita autonoma e responsabile. Dona esempi di fiducia e di correttezza, orienta le scelte, consiglia per il meglio, provvede a sciogliere i lacci dell’amministrazione e a trovare le vie di uscita dai labirinti della burocrazia.

Mi torna in mente quanto si diceva con Patrizia a proposito della cultura di origine dei ragazzi. Sono culture spesso da conoscere attraverso i ragazzi stessi. Questo aspetto è estremamente complesso, poiché non è da assumere come certezza il fatto che un adolescente desideri aprirsi e farsi conoscere da persone che sono tutori volontari estranei al loro mondo, stranieri alla loro cultura. Come si può ben comprendere l’interazione da mettere in campo è delicata, ma deve comunque basarsi sulla convinzione che l’azione va generata nelle due direzioni: del tutore volontario verso il minore e viceversa, del minore verso il tutore volontario. Anche questo processo si deve imparare, va liberato dai pregiudizi e dagli stereotipi, va costruito insieme, giorno dopo giorno.

Durante il corso di formazione dell’ultimo trimestre del 2017 è stato possibile visitare un Centro di Prima e Seconda Accoglienza e devo dire che i ragazzi con cui ho parlato hanno comunicato un forte senso di partecipazione alla comunità nella quale vivono. Sono consapevoli che tra breve la maggiore età li allontanerà dal Centro che li protegge con gli adulti che in esso lavorano. Tuttavia, vedono il distacco come un momento di emancipazione sociale, necessario, sebbene colmo di incertezze. L’accoglienza di valore che stanno ricevendo li prepara a professioni nuove, all’impegno nel lavoro e ad avere le aspettative giuste. Saranno giovani che guarderanno al futuro con speranza. Ho chiesto se parlano con le loro famiglie e la risposta è stata affermativa. Si capisce che sono minori “abbandonati” per cause talvolta inenarrabili, ma che in realtà non hanno mai reciso l’appartenenza originaria. Probabilmente, il sogno di farcela è di una famiglia intera, di una comunità vivente ed hanno ricevuto la missione di comunicarcelo, quasi come un passaggio del testimone attraverso i continenti.

Cara Patrizia, forse il nostro pensare e scrivere ha mandato acqua al mulino della conoscenza e ci preparava a quel compito che volevamo scoprire guardando il mare dalle montagne sopra Morbegno.

 

Sandra Chistolini


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