Presepe e statuine gay: niente di cui pentirsi, anzi...
29 Dicembre 2006
 

 

Nel rispettare, senza condividerla, la scelta del collega Bruno Mellano di pentimento e di scuse, colgo l'occasione per rivendicare l'iniziativa come politica e non come un'offesa. Se si decide di esporre un simbolo religioso, per quanto di diffusione popolare come il presepe, in una istituzione non-confessionale come il Parlamento, la sua politicizzazione non deve stupire. Per evitarlo sarebbe bastato, per chi lo desiderava, andare a vederselo in Chiesa.

È bene ricordare che alcuni, nel nome di ciò che il presepe rappresenta, negano diritti fondamentali a persone per il loro orientamento sessuale: per questo ho sentito il dovere civico di intervenire, sì che si sapesse ovunque -in Italia e nel mondo- come le nostre leggi discriminano.

Le sguaiate e anche violente reazioni che sono seguite, mi hanno ancor più convinta dell'opportunità dell'iniziativa. Nel nome del dialogo e del rispetto tra credenti e non, spesso si decide di non confrontarsi sui temi cosiddetti “sensibili”. Finisce così che a non esser rispettati sono quei cittadini che chiedono alla politica di intervenire. Cos'è più offensiva: la mia iniziativa o la discriminazione per milioni di cittadini?

Mi auguro che la solerzia della Presidenza della Camera che ci ha inviato una lettera di richiamo formale per questa iniziativa politica, ci sia anche nei confronti dell'on. Maurizio Gasparri che, urlando ripetutamente “deficiente” ed altro, mi ha aggredita in Transatlantico, dando sfoggio della sua cultura politica e della poca educazione.

Non vorrei che la difesa dei “valori cristiani” attraverso la violenza e l'intimidazione trovasse spazio in Parlamento.

Qui davvero potremmo parlare della profanazione delle istituzioni democratiche.

 

Donatella Poretti


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