Lo scaffale di Tellus
Carlo Forin. “Piccolo paese” di Gaël Faye
07 Maggio 2017
 

Gaël Faye

Piccolo paese

Bompiani, 2017, pp. 208, € 16,00

 

Ho letto il libro del meticcio Gaël Faye, nato nel 1982 in Burundi da padre francese e madre ruandese: Piccolo paese.

Ve lo raccomando. È l’opera prima di uno che sa scrivere bene.

A me, che vissi in Italia il massacro del Burundi con tristezza per il ruolo dell’Onu -spettatore imbelle- piace la narrazione vivida che mette a fuoco la memoria della vita di un bimbo di dieci/undici anni nel trentenne, appassionato alle sue origini, oggi a Parigi, ma nato dopo quel caos di allora.

Da sociologo e linguista, godo sia della perfetta padronanza della lingua sia della leggerezza dello scrittore, consapevole della superficialità di una osservazione che accarezza piacevolmente anche l’acculturato, propenso invece a perdersi nei dettagli culturali. Lui non si perde, cioè non perde il lettore, che fatica a staccarsi dalla sua narrazione.

Vi riferisco qualche tratto del racconto scelto un po’ a caso.

Il trucido traspare da brevi:

Viviamo nel luogo della tragedia. L’Africa ha la forma di una rivoltella. Non c’è niente da fare contro questo stato di fatto. E allora spariamo e filiamocela. Battiamoci qui e scappiamo altrove. (…) In quelle ore pallide della notte le persone spariscono, non resta che il paese che parla con se stesso.

in un leggero prevalente anche nel buio:

Ero contentissimo quando è cominciata la scuola. Papà mi lasciava davanti all’entrata dei grandi. Ero alle medie, nella stessa classe dei miei amici, e una nuova vita aveva inizio. (...) Gli alunni che avevano passato le vacanze in Europa o in America avevano fatto ritorno con abiti e scarpe alla moda.

E, di nuovo:

Gli uomini della regione erano simili alla terra. Sotto la calma apparente, sotto la facciata dei sorrisi e dei grandi discorsi ottimisti, oscure forze sotterranee lavoravano senza sosta, fomentando progetti di violenza e distruzione che tornavano a ondate come venti cattivi: 1965, 1972, 1988. (…)

La guerra senza che glielo chiediamo s’incarica sempre di trovarci un nemico. Io, che desideravo restare neutrale, non ci sono riuscito. Ero nato con quella storia. Scorreva dentro di me. Le appartenevo.

(…) Questo massacro che annunci come potrebbe succedere qui, a Kigali, con tanti Caschi blu? Non è possibile… “Basterà uccidere qualcuno e tutti i bianchi di questo paese saranno evacuati. Fa parte della loro strategia. Le grandi potenze non rischieranno la vita dei loro soldati per quella dei poveri africani. Gli estremisti lo sanno”.

 

Carlo Forin


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