In tutta libertà
Gianfranco Cercone. “Personal shopper” di Olivier Assayas
27 Aprile 2017
 

Il “monologo interiore” – che, come si sa, è una tecnica letteraria attraverso la quale uno scrittore dà conto dei pensieri di un personaggio, facendolo come parlare con se stesso – sembrerebbe poco confacente al cinema.

Perché un monologo interiore è fatto di parole, e al cinema, si ripete sempre, contano di più le immagini. E perché quando il personaggio pensa tende a non agire, ad astrarsi dagli altri, mentre l'immagine cinematografica preferisce coglierlo in azione, in interazione con altri personaggi.

Ma le regole in arte sono spesso violate.

Ed ecco che Personal shopper, il film con il quale un raffinato autore francese, Olivier Assayas, ha vinto il premio per la migliore regia all'ultimo festival di Cannes, è in gran parte, a mio parere, un riuscito esempio di monologo interiore cinematografico.

Personal shopper a prima vista sembrerebbe appartenere al genere horror.

La protagonista è una ragazza americana, dotata di facoltà medianiche, incaricata di esaminare una casa in Francia, dove aveva vissuto il fratello, morto da poco, per verificare se quell'abitazione, ora messa in vendita, non sia infestata dai fantasmi. In effetti in quella casa, e poi, nel corso del film, anche altrove, si verificano delle apparizioni soprannaturali.

Ma, a differenza che nei comuni film dell'orrore, quelle apparizioni non hanno un peso preponderante nel racconto. In certi casi, come quando si infrange un bicchiere che una mano misteriosa ha fatto cadere, l'evento soprannaturale, o presunto tale, è così risaputo, rientra a tal punto nella casistica più scontata per questo genere di fenomeni, da suggerire un sottinteso ironico da parte dell'autore del film.

Del resto il suo interesse, molto più che sulle apparizioni dei fantasmi, è appuntato su chi quelle apparizioni è chiamato a registrare, che le teme, o forse ancora di più le desidera. E cioè sulla protagonista del racconto, legata al fratello scomparso da una promessa reciproca: che cioè chi dei due fosse morto per primo avrebbe trasmesso all'altro un segnale dall'aldilà. Ed è quel segnale che lei è tesa a captare.

Ma la sua vita non si esaurisce in quell'attesa. Lei fa il singolare mestiere, dichiarato dal titolo del film, di personal shopper, e cioè acquista articoli di lusso per conto di un'altra ragazza, che appartiene alla categoria dei VIP, dedita a incontri mondani in giro per il mondo, che non ha tempo per provvedere personalmente a quegli acquisti: una ragazza che lei incontra di rado ma da cui sembra segretamente affascinata, tanto che si prova di nascosto i suoi abiti e i suoi gioielli.

E poi riceva la corte insistente, tramite messaggi sul cellulare, di uno sconosciuto.

E poi ha una relazione con un ragazzo, che lavora all'estero, e con il quale comunica, ma quasi controvoglia, tramite lo schermo di un computer.

Insomma: anche se interagisce con altri personaggi, la ragazza è quasi sempre sola, perché le tecnologie che utilizza rendono i suoi interlocutori più fantasmatici degli stessi fantasmi, incerti, ambigui riguardo i sentimenti che provano per lei, o che lei prova per loro, o perfino riguardo la loro stessa identità.

Personal shopper potrebbe dunque racchiudere una morale pessimistica sulla comunicazione nella società contemporanea, dove si dialoga con tanti, con tantissimi, potenzialmente con tutti, senza però che la nostra solitudine sia nemmeno scalfita.

È un assunto che si può condividere o respingere.

Ma quel che conta, in arte, è se le idee si incarnano in personaggi persuasivi, veri.

La ragazza protagonista, interpretata molto bene da Kristen Stewart, chiusa in se stessa come un istrice, diffidente nei confronti del mondo esterno, ma anche fragile, vulnerabile, custode di un amore profondo, quasi un culto, per il fratello, è un personaggio così concreto, rispetto alle evanescenti figure secondarie del racconto, reali o virtuali che siano, da rendere il film, come anticipavo, quasi un suo monologo interiore, perché i suoi pensieri, seppure raramente dichiarati attraverso le parole, si indovinano attraverso le espressioni del suo viso e i suoi atteggiamenti.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 22 aprile 2017
»» QUI la scheda audio)


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