Laboratorio
Stefano Bardi. Il Leopardi siciliano: omaggio a Gesualdo Bufalino
11 Febbraio 2017
 

In tutte le città d'Italia c'è un Giacomo Leopardi, un Carlo Goldoni, e un Giacomo Casanova, ovvero, uno o più scrittori che sono nati, cresciuti, morti, e hanno prodotto opere letterarie nel loro paese; e qualora si sono spostati al di fuori di esso, lo hanno fatto per un breve, anzi brevissimo periodo di tempo. Per parlare del nostro autore alla Leopardi o alla Goldoni, dobbiamo spostarci fino in Sicilia, per arrivare nella città di 29.880 dal nome Comiso. Città che ha dato i natali al grande poeta e scrittore Gesualdo Bufalino (Comiso, 15 novembre 1920 – Vittoria, 14 giugno 1996). Un autore che a dir la verità, rientra forzatamente in questo discorso e se accettiamo che ne faccia parte, dobbiamo farlo a causa della sua morte, avvenuta per un tragico incidente fatale sulla strada di confine fra Comiso e Vittoria. Uno scrittore fortemente legato alle sue radici e in particolar modo, alla sua Comiso, la quale divenne lo scenario storico-esistenziale del romanzo-diario Museo d'ombre del 1982. Un’opera in cui la Comiso rappresentata non è quella odierna, ma bensì, la città di una volta, ovvero, la Città teatro che simboleggiava e simboleggia ancora oggi, un'intima e collettiva riservatezza. Una Comiso dal sangue dolce, dalle intense vibrazioni oscure e demoniache, dagli assordanti rumori urbani, dai magici chiari di luna, dalle dolci melodie d’amore, e dalle ambientazioni anni ’30-’40. In poche parole in quest’opera, assistiamo ad un dialogo con un mondo ormai arcaico e di altri tempi; e inoltre il Bufalino vive un suo confronto e una sua meditazione personale, sulla sua stagione esistenziale vissuta. In conclusione, può definirsi come un romanzo della reminiscenza, che essa stessa è concepita come esistenza.

Dal 1982 ritorniamo indietro e più precisamente nel 1981, poiché in quest’anno venne pubblicato il suo massimo successo, ovvero, il romanzo Diceria dell’untore. Opera che si basa sul tema della malattia o infezione che a dir si voglia, intesa dal nostro autore come uno status esistenziale, in cui un oscuro e ostile nemico annebbia, il cammino dell’Uomo. Malattia che non impedisce, all’interno del sanatorio la Rocca, la nascita della passionale e ardente storia d’amore fra il personaggio principale e la giovane Marta. Una storia d’amore colma di crucci, di chimere, di brume, di ugge, e di dolci patimenti è quella che nasce fra i due amanti. Il romanzo è pieno di ciarle maligne, attraverso le quali il protagonista principale rievoca le sue reminiscenze e le sue nostalgie memoriali. Romanzo interamente leopardiano, in cui al pari dello Zibaldone di pensieri, le irragionevolezze, gli errori, e le chimere esistenziali finiscono in un nulla di fatto. Romanzo dallo stile nobile è quello del Bufalino, colmo zeppo di allegorie, di raffinati epiteti, e di barocche sonorità. Non solo però un romanzo doloroso questo è, poiché in questa stupenda opera possiamo ritrovare le sue principali tematiche, che vanno dal tema dell’ambascia e della dipartita al fascino della reminiscenza, e dall’infezione come resurrezione per gli uomini alla cancellazione retorico-compassionale. Un’opera che non è solo un romanzo, ma anche un itinerario psichico, uno sfogo auto-personale, e un poema prosastico.

Il 1984 è l’anno del suo secondo successo, ovvero, il racconto Argo il cieco ovvero I sogni della memoria. Racconto dalle tinte e dai toni intimo-privati, in cui il personaggio G. B. rievoca le sue nostalgie adolescenziali, dai cento occhi. In quest’opera, più che nelle altre, il Bufalino rappresenta il tema dell’andare Oltre, ovvero, il tema dello scavalcare il Confine, inteso quest’ultimo, come il non-sapere, il non-riflettere, e come la vita-enigma. Romanzo in cui il protagonista vive in una doppia dimensione, ovvero, nel tempo ormai trascorso e nel suo tempo attuale, in cui vive realmente.

Il 1988 è l’anno del suo ultimo successo, ovvero, del romanzo Le menzogne della notte. Opera dalle atmosfere ottocentesche e coperte, da una leggera e arcaizzante bruma; e la sua struttura è “a cornice”, in cui i quattro condannati a morte che sono i protagonisti principali, narrano a vicenda una storia ciascuno durante la loro ultima notte, di vita. In quest’opera, non è presente la separazione ferita-irrealtà, poiché il principale tema del romanzo non è altro che la vita dei personaggi. Un romanzo colmo di stravaganti esagerazioni letterarie, di energie sanguigne, e di arguzie è quello del Bufalino. Romanzi istituzionali possono definirsi questo e quello del 1984, poiché entrambi sono consoni, alla programmazione ministeriale scolastica annuale; e inoltre questi due romanzi, a differenza di quelli del 1981 e del 1982, si muovono fra la tradizione e lo sperimentalismo. Insomma, per azzardare un paragone, il Bufalino può esser ben paragonato allo scrittore Marcel Proust, poiché come esso, anche il nostro autore siciliano in questo e negli altri romanzi, concepisce la letteratura e la reminiscenza come le uniche vie possibile, per salvarsi e difendersi dalla realtà.

 

Stefano Bardi


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276