Turismo sanitario. In Spagna anche per la diagnosi preimpianto per salvare i fratellini malati
09 Dicembre 2006
 

La Commissione Nazionale spagnola della Riproduzione assistita ha autorizzato, per la prima volta, l'applicazione della diagnosi preimpianto finalizzata ad avere non solo un figlio sano, ma anche compatibile per salvare la vita di un altro figlio malato grazie alle staminali del cordone ombelicale, ovvero di praticare il cosiddetto "designer baby".

Tutta la procedura era partita nel 2004 dall'Ivi, l'Istituto Valenziano di Infertilità, quando tre coppie spagnole, a cui se ne erano aggiunte due italiane, avevano chiesto di realizzare questo intervento in Spagna e non essere costrette ad andare all'estero, in particolare negli Usa o in Turchia.

La notizia è la conferma e la spiegazione del perché la Spagna sia la meta privilegiata da parte delle coppie italiane che per avere un figlio hanno bisogno di accedere alle pratiche di fecondazione assistita.

Secondo gli ultimi dati sono quadruplicati i pazienti che vanno all'estero: la notizia è un ulteriore segnale di come il nostro Paese stia abdicando la gestione della sanità all'estero, visto che in Italia questa pratica è proibita, sia perché è vietata la diagnosi preimpianto (anche se poi con diagnosi prenatale come villocentesi o amniocentesi si lascia la porta aperta all'interruzione volontaria di gravidanza), e sia perché le tecniche di fecondazione in vitro sono accessibili solo a persone con problemi di fertilità e non con malattie genetiche ereditarie.

Il Parlamento si deve muovere, a partire dalle varie proposte di riforma, alcune anche della Rosa nel Pugno: chi ha a cuore la salute dei cittadini è bene che consideri che, visto il fallimento del referendum abrogativo (non la sconfitta, in quanto è mancato il quorum che avrebbe resa valida la consultazione), l'unica via percorribile è quella parlamentare. Tenersi questa legge significa regalare ad altri Paesi la libertà delle donne e delle coppie italiane, nonché il business ad essa connesso.

Negli anni 70, anche il turismo sanitario all'estero delle donne che volevano abortire, contribuì a far approvare la specifica legge. Se la storia è fatta di corsi e ricorsi, spero che l'attuale turismo produca altrettanto sulla legge 40.

 

Donatella Poretti


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