Diario di bordo
Asmae Dachan. Il mio incontro con Papa Francesco
26 Settembre 2016
 

Voi scrivete la prima bozza della storia”: è una delle prima frasi che Papa Francesco ha pronunciato nel suo discorso davanti ai giornalisti italiani, ricevuti in udienza privata lo scorso 22 settembre 2016. È una considerazione bellissima, su cui tante volte ho riflettuto e che ora assume i tratti di una vera e propria missione, da onorare ogni giorno.

La delegazione è numerosa, ci sono anche io, invitata dai colleghi che conoscono la mia stima e ammirazione per il Pontefice e il mio fermo e convinto impegno in favore del dialogo e contro il fanatismo. Mi hanno fatto il più bel regalo di sempre.

Sono seduta in quinta fila, lo vedo entrare e riesco a osservarlo per tutto il tempo. Quando pronuncia il suo discorso si alza in piedi. Le sue parole sono un’esortazione a un impegno impregnato di etica. Ho dimenticato il mio immancabile taccuino e prendo appunti sul retro dei bigliettini da visita che ci siamo scambiati con alcuni colleghi. Il Pontefice ci esorta a fermarci e riflettere, ad amare la verità, a vivere con professionalità e a rispettare la dignità umana. Il Santo Padre ci ricorda che il giornalismo può diventare un’arma di distruzione, ma anche uno strumento di costruzione. Sono concetti con cui mi confronto ogni giorno e che motivano il mio impegno professionale. È come se aspettassi da sempre di ascoltare queste parole.

Arriva l’atteso momento dei saluti. Non so se tutti i presenti potranno stringere la mano a Papa Francesco; aspetto indicazioni e mentalmente ripenso alle parole che vorrei dirgli e sui cui rifletto da alcuni giorni. Fanno alzare anche la fila in cui sono seduta. Il cuore mi batte forte, mi sembra un sogno che sta per realizzarsi. Vicino al Pontefice c’è il presidente dell’Ordine Iacopino che mi presenta. Sono davanti al Papa, gli stingo la mano e gli dico “Grazie per tutto quello che fa per la Siria. La mia penna e la mia vita sono al servizio della pace. Io sono con lei e condivido il suo impegno”. Il Pontefice mi ascolta e mi sorride e poi mi dice: “Insieme, dobbiamo continuare a lavorare tutti insieme”. Sono stati pochi istanti, ma mi sono sembrati lunghi, intensi. Di certo hanno cambiato per sempre la mia vita.

Esco dal Vaticano col sorriso, gli occhi lucidi dall’emozione, il cuore che batte forte e soprattutto un nuovo slancio, una spinta a vivere con sempre maggiore intensità e passione il mio lavoro. Sono una musulmana praticante e oggi ho conosciuto il massimo esponente della Chiesa cristiana, ma ho conosciuto soprattutto un uomo di nome Francesco. Un gesuita come Padre Paolo Dall’Oglio, che noi italo-siriani tanto amiamo. Semplice, umile, umano, che parla guardando gli altri negli occhi, con un un tono di voce pacato, ma che con le sue parole è capace di far muovere le montagne. In questa vicinanza umana trova pace la mia anima che di fronte alle tante sofferenze che stiamo vivendo è continuamente alla ricerca di una speranza. “Insieme”, mi ha ripetuto il Papa e queste parole si sono scolpite nel mio cuore come una nuove missione. Nel congedarsi, il Pontefice ci ha benedetto e ci ha chiesto di pregare per lui. Io lo farò sempre.

 

Asmae Dachan

(da Diario di Siria, 26 settembre 2016)


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