Lisistrata
Lidia Menapace. Il telefono 2
14 Settembre 2016
 

Odio il telefono, cioè lo considero uno strumento insostituibile e utilissimo per le comunicazioni veloci, non per conversare. In certi casi è proprio indiscreto e ti piomba addosso interrompendo il flusso dei pensieri (e magari chissà quali nuove meravigliose straordinarie idee stavi mulinando).

Una volta si usava considerare alcune ore inadatte al suo uso, cioè non si telefonava prima delle 8 del mattino ad ora di pranzo e dopo le venti di sera, a meno di notizie particolarmente urgenti. Va bene: che si telefoni ad ogni ora del giorno e della notte purché ci si limiti a dire il proprio nome, una notizia a dare un appuntamento.

Ciò che proprio non sopporto è quando uno o una chiama e incomincia, “ciao sono maria o gianni ti ricordi di quella volta che abbiamo spettegolato due ore divertendoci come matti? vuoi sapere il seguito?” e via mentre io cerco di capire chi è quella maria o quel gianni di cui non riesco a riconoscere la voce. Una volta mi è scappato di dire “ma perché non ti chiami Sofonisba o Epaminonda che almeno ti avrei riconosciuto/a?” ricevendo degli stupitissimi “ma cosa dici?” E una volta non finì lì perché il solerte Gianni mi fece telefonare -molto allarmato- da una comune amica che mi chiese “stai bene? Gianni dice che credevi che si chiamasse Epaminonda! Che cosa ti succede?”

Volete invece mettere la mail? tu scrivi a qualsiasi ora del giorno e della notte e la comunicazione arriva quando il o la destinataria/o, sveglio/a, apre il computer per vedere la sua posta. Anche volendo non si può essere indiscreti. Mentre scrivevo erano da poco passate le 4 del mattino, vi ho forse disturbati/e?

 

Lidia Menapace


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