Diario di bordo
Zoé Valdés. “Je suis Bangladesh et Bagdad”
05 Luglio 2016
   

Dove sono i manifesti “Je suis Bangladesh et je suis Bagdad” dopo gli attentati terroristici in quei luoghi? Non li vedo da nessuna parte. Soprattutto da parte dei cubani che tanto pretendono quando a loro conviene.

Ma risulta ancor più sorprendente e offensivo che nemmeno i musulmani si esprimano contro il terrorismo islamico internazionale che ha sottratto loro la propria religione.

Alcune delle persone assassinate in questi attentati islamici erano musulmane. Perché i musulmani non escono in massa per le strade a protestare contro questi atti quotidiani di barbarie? Chiedo ai musulmani che conosco la ragione per cui non si fanno sentire. Alcuni rispondono di avere paura, altri che non vogliono saperne di politica. Bene, le rivendicazioni dei terroristi non sono politiche, sono religiose. Andiamo, mi sanno di qualcosa queste risposte, le stesse (sempre di più) che danno i cubani che oggi fuggono (?) da Cuba.

I musulmani che conosco sono poeti, pittori, attivisti per i diritti umani, ci ho avuto a che fare per il mio lavoro e per il mio contributo alla libertà di Cuba. Nelle nostre conversazioni percepisco che una volta vissuti in democrazia nascondono anche le loro posizioni politiche o le loro preferenze sessuali, per quanto per molti di loro farlo sia un atto eroico, riconoscono che perfino in libertà continuano a vivere nella menzogna. Di chi è la colpa? Della loro religione. Ateismo? No, no, per loro questa opzione non esiste.

Non è affatto facile capire il mondo. Tentare di farlo mi isola ogni giorno sempre di più.

 

Zoé Valdés

(da ¡Libertad y Vida!, 4 luglio 2016)

Traduzione di Silvia Bertoli


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