Diario di bordo
Vincenzo Donvito. Viva il referendum
12 Aprile 2016
 

Firenze – Domenica 17 si va a votare un referendum che chiede la decadenza del permesso, alla fine della concessione, per le piattaforme che, nelle acque territoriali italiane, estraggono energia. Il referendum è stato proposto da alcune Regioni e non dai “soliti” 500.000 elettori, motivo in più, oltre ai soliti, per cui la clandestinità informativa dei quesiti su cui si chiede il voto è maggiore. Da notare che tra i “soliti” motivi, per esempio, c'è la violazione delle norme sui tempi e termini di informazione pubblica radiotelevisiva (quella per cui paghiamo il “tanto amato” canone). Nulla di nuovo, per carità, la Rai gode di una sorta di extraterritorialità normativa in merito, anche rispetto a quelle norme che sono proprio le sue… i “padroni” e i gestori della Rai se ne fregano, tanto dovrebbero essere loro stessi a dirsi da soli che stanno violando le norme.

Un po' di informazione sta circolando, ma ciò che ha più colpito gli ingenui civici che siamo, è il capo del Governo che ha chiesto agi italiani di non recarsi alle urne, sì da far fallire il referendum: se non vota la metà più uno degli aventi diritto, la consultazione è come se non ci fosse stata… quindi un'arma in più -molto potente e predominante- nelle mani di chi è contrario alla richiesta referendaria. Legge tutt'ora in vigore e che sembra debba essere modificata leggermente nel prossimo referendum che si dovrebbe tenere in autunno per accettare o meno le riforme costituzionali del Governo di quello stesso premier che oggi invita a non andare a votare, e su cui dice che si gioca tutta la su credibilità su quel quesito.1

Poi ci ha anche colpito il presidente della Corte Costituzionale che invece ha detto che bisogna andare a votare (la separazione dei poteri per molti è un'opzione -e sembra anche per uno ufficialmente massimo nella nostra carta di garanzia). Mentre non ci ha stupito l'invito al voto del presidente della Repubblica, ché ci sembra rientri nelle sue funzioni istituzionali.

Noi siamo SEMPRE perplessi nei confronti di coloro che (nei referendum soprattutto, visto il perverso meccanismo di validazione) dicono di non andare a votare. Anche perché, per l'attività che svolgiamo, siamo tra i principali recettori, del malessere dei cittadini utenti e consumatori, e ci rendiamo conto che per cambiare qualcosa non basta cercare in qualche modo di farsi fare meno male e poi continuare a “bubare” al bar o con gli amici con epiteti come quello del famoso ciclista Bartali “è tutto da rifare”.

Poi, io che scrivo, per esempio quando incrocio luoghi di raccolta firme per referendum anche molto lontani dai mie convincimenti e su cui, se si arriva al voto, voterei contro, firmo sempre per la loro convocazione, ché sono convinto della necessità di ricorso alla decisione dell'elettorato (democrazia diretta) nei casi in cui la democrazia rappresentativa non funziona o fa finta di non funzionare .2

Sul referendum di domenica 17 mi sono fatto un'opinione pur nella marginalità del quesito per il futuro della nostra politica energetica, che credo non possa che essere con fonti alternative alle attuali dominanti che ci hanno e ci stanno ammazzando ogni giorno di più... ma, pur non ritenendo importante l'indicazione di un SÌ o di un NO da parte di un'associazione come la nostra, non demordo sullo strumento istituzionale: il referendum è troppo importante per essere disatteso e boicottato in sé. Non a caso, in due luoghi del mondo che io reputo modelli di riferimento istituzionale (Usa e Svizzera) i referendum sono molto frequenti, portatori di partecipazione e decisioni importanti per il benessere comune.

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

 

 

1 Sia chiaro, nessuno viola nessuna legge, è solo che è allucinante la legge in vigore. È una questione di stile… ma la politica italica è quella con la “p” minuscola non quella con la “P” maiuscola, cioè quella che dovrebbe servire a governarci nel rispetto e nello stile del rispetto istituzionale. Tutto in ordine quindi. La “p”olitica è fatta ad uso e consumo di chi ha e gestisce il potere, non per il bene comune e, soprattutto, non per la supremazia del buon diritto e dell'insegnamento dello stesso ad ogni cittadino. “Chacun pour soi dieu pour tous”, dice un detto francese di dimensioni transnazionali, ma peccato che dieu nello specifico non esista, quindi rimane solo “ognuno per sé” del politico nostrano.

2 Sono anche un po' nostalgico: il mio primo voto a 21 anni compiuti da pochi mesi (allora era quella l'età per essere maggiorenni) è stato nel 1974, nel referendum in cui fu respinta la richiesta di abrogare la legge sul divorzio approvata alcuni anni prima. E sull'importanza di quel voto, allora e per oggi, anche molti che all'epoca sostenevano la giustezza di abolire quella legge, hanno cambiato opinione.


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