Diario di bordo
Giuseppe Candido. Stato di diritto e Referendum sulle trivellazioni
26 Marzo 2016
 

Nel 2013, quan­do rac­co­glieva­mo le firme per i 12 referendum radicali sulla #giustiziagiusta, ricordo che Berlusconi era venuto a firmarli tutti e dodici dicendo che non su tutti di quelli firmati avrebbe votato sì ma che firmava anche quelli che non condivideva perché riteneva giusto che gli italiani potessero esprimersi anche su quelli, democraticamente.

Matteo Renzi, non ancora divenuto premier, disse invece che lui quei referendum non li firmava perché – a suo dire – di quei temi avrebbe dovuto occuparsi il Parlamento. Già allora, Renzi si era contraddistinto per un'avversione allo strumento referendario. Adesso l'avversione diventa più evidente: per il referendum regolarmente indetto da più di cinque regioni (nove per la precisione) sul rinnovo delle concessioni di sfruttamento dei giacimenti oltre le dodici miglia, mentre persino la conferenza episcopale italiana fa sapere che è necessario discutere sul tema tenendo conto anche della Enciclica “Laudata Sii” di Papa Francesco, dal PD – molto democraticamente – si bolla il referendum come totalmente inutile, si dice che farà spender soldi che era meglio destinare ad asili e si invitano militanti e cittadini a disertare le urne. Poco democratico, potrebbe diventare l'acronimo del simbolo.

Anche perché dire che un referendum è inutile significa dire che la democrazia – di fatto – è inutile, e forse è propri così: se manca lo Stato di Diritto diventa inutile anche un referendum i cui esiti la partitocrazia è sempre pronta a tradire con un decreto.

 

Giuseppe Candido

(da Radicalparty.org, 26 marzo 2016)


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