L'ennesimo fallimento sui diritti delle coppie gay sarebbe una sconfitta per l’Italia, non per i laici
18 Febbraio 2016
 

L'azzeccagarbuglismo della Lega, con il suo generatore automatico di emendamenti che impediscono nei fatti un voto serio, è una ragione dell’impasse del ddl Cirinnà. L'avanti indietro pentastellato è un'altra.

È però evidente che la vera e decisiva resistenza politica all'approvazione della legge sulle unioni civili è quella del fronte guidato dal cardinale Ruini, che è stato chiaro e intellettualmente onesto: "diritti delle persone nella coppia, ma non alla coppia come tale". È un punto politico e normativo chiaro, questo, che si può risolvere solo con un sì o un no.

Non può esserci oggi un compromesso tra chi vuole riconoscere i diritti alle coppie gay e chi vuole riconoscere solo i diritti alle persone, e quindi escludere che i i diritti e i doveri civili, sociali e economici dei partner nelle unioni gay siano equiparabili a quelli dei coniugi.

Il nulla di fatto delle due precedenti legislature rischia di replicarsi per la terza volta. La Chiesa italiana potrebbe avere così la sua illusoria e tardiva rivincita sulla realtà che cambia, ma a perdere la faccia e a incassare le conseguenze della sconfitta non sarebbero i laici e i liberali. Sarebbe l'Italia per la terza volta consecutiva a dimostrare sui diritti e la libertà la propria incapacità di andare avanti, continuando a mostrare al mondo il volto di un Paese attardato, reazionario e discriminatorio e quindi assai poco attrattivo, anche dal punto di vista economico.

 

Benedetto Della Vedova


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