Benedetto Della Vedova. Sulle unioni civili e la “stepchild adoption” serve una politica laica e liberale
07 Febbraio 2016
 

I laici e liberali, che hanno trainato le riforme civili in Italia con una visione moderna e cosmopolita della società e dei diritti, oggi in parlamento purtroppo sembrano per lo più assenti o culturalmente subalterni in una discussione tra conservatori di diversa estrazione, che anziché approvare una legge che avvicina (solo avvicina) l’Italia alla legislazione di tutti i paesi più civili, cercano di ridimensionarne la portata o di staccarne dei pezzi, da esibire come simbolo della vittoria “moderata”.

Non ha senso dire sì ai diritti delle coppie gay e no alla stepchild adoption in nome dei diritti di minori che, in assenza di questo istituto, perdendo il padre o la madre naturale, sarebbero strappati dalla comunità di affetti e relazioni in cui sono cresciuti.

Ha ancora meno senso dire no alla stepchild adoption in nome del no alle adozioni gay, cui gli italiani, secondo i sondaggi, sarebbero contrari. Sono due cose evidentemente diverse anche se, dal mio punto di vista, ugualmente civili.

In un caso si tratta di affidare a una coppia gay minori che sono senza famiglia, nell’altro caso significa consentire ai minori di continuare a vivere nella famiglia in cui vivono, anche dopo la morte del genitore naturale.

Altrettanto insensato e intellettualmente scorretto è sostenere che la stepchild adoption 'aprirebbe la strada' alla maternità surrogata. La strada è già assolutamente aperta, per chiunque voglia andare all’estero, come gli italiani, in massima parte eterosessuali, già fanno.

La strada resta invece assolutamente chiusa in Italia, in cui la maternità surrogata non è consentita e continuerà a essere vietata anche se venisse approvata, come auspico, la stepchild adoption.

 

Benedetto Della Vedova


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