Arte e dintorni
Ambrogio Lorenzetti. Una mostra laboratorio per Siena Capitale  
Dentro il restauro. Alla scoperta dell’opera d’arte
Polittico di San Pietro. Madonna a luce naturale
Polittico di San Pietro. Madonna a luce naturale 
23 Dicembre 2015
 

Una grande mostra, la prima in assoluto, interamente dedicata ad Ambrogio Lorenzetti nel 2017, in attesa della quale inizia una campagna di restauri delle opere dei Lorenzetti (cicli di affreschi e tavole) che può essere vissuta in presa diretta da tutti gli amanti dell’arte e del pittore senese. I restauri, infatti, sono eseguiti all’interno del complesso museale Santa Maria della Scala di Siena che si trasforma nell’occasione in laboratorio di restauro permanente accessibile ai visitatori che possono “entrare” Dentro il restauro. Alla scoperta dell’opera d’arte. Un viaggio di grande fascino nel cuore dell’opera di Ambrogio Lorenzetti che si unisce alla magia del “cantiere aperto” con il restauratore al lavoro e diventa un evento imperdibile del programma di Siena Capitale Italiana della Cultura 2015.

La prima opera datata (1319) di Ambrogio Lorenzetti (Siena, notizie dal 1319 al 1347), è una Madonna col Bambino dipinta per la chiesa di Vico l’Abate una piccola località nei pressi di Firenze.

Fra le molte opere del pittore, la più vasta e impegnativa è costituita dagli affreschi dipinti nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena, con le Allegorie del buono e del cattivo governo.

Gli affreschi hanno contenuto politico. Da un lato la tirannia guercia e cornuta che, circondata dai vizi, calpesta la giustizia. Dall’altro lato il governo senese, giusto e pacifico, sostenuto dalla volontà unanime dei cittadini.

La complessità allegorica, la nobiltà degli intenti suscitarono ammirazione forse per questo il Lorenzetti apparve al Ghiberti (che lo preferiva allo stesso Simone Martini) «altrimenti dotto che alcuno degli altri» e al Vasari «gentiluomo e filosofo».

Maestro Simone fu nobilissimo pictore e molto famoso. Tengono e’ pictori senesi fosse el migliore, a me parne molto migliore Ambrogio Lorenzetti e altrimenti dotto che alcuno degli altri.

L. Ghiberti, XVI secolo, I Commentari, II, 13

Se ne tornò Ambrogio a Siena dove visse onoratamente il rimanente della sua vita, non solo per essere eccellente maestro nella pittura, ma ancora perché, avendo dato opera nella sua giovinezza alle lettere, gli furono utile e dolce compagnia nella pittura, e di tanto ornamento in tutta la sua vita, che lo renderono non meno amabile e grato, che il mestiere della pittura si facesse. Laonde, non solo praticò sempre con letterati e virtuosi uomini, ma fu ancora, con suo molto onore ed utile, adoperato ne’ maneggi della sua repubblica. Furono i costumi d’Ambrogio in tutte le parti lodevoli, e piuttosto di gentiluomo e di filosofo che di artefice: e, quello che più dimostra la prudenza degli uomini, ebbe sempre l’animo disposto a contentarsi di quello che il mondo ed il tempo recava.

G. Vasari XVI secolo, Le Vite ecc., 1, p. 524

Tra le opere visibili, attualmente, “dentro il restauro” sono Maestà e storie di San Galgano affreschi strappati dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi (Chusdino).

Si deve ad un’intuizione di Frederick Mason Parkins la rivalutazione della decorazione pittorica della cappella di San Galgano a Montesiepi, da lui portata all’attenzione della critica nel 1904 e giustamente avvicinata alle opere certe del catalogo di Ambrogio Lorenzetti. Il ciclo, oggi assai deteriorato, orna la cappella annessa alla chiesa romanica di San Galgano. Un edificio quest’ultimo, di forma circolare, poco distante dalla celebre abbazia cistercense, costruito per commemorare il luogo della conversione del santo: dove cioè, egli infisse nella roccia la spada dall’elsa a forma di croce. Gli affreschi superstiti si distribuiscono sulle volte e su tre delle quattro pareti dell’ambiente. Su ognuna di esse la figurazione doveva trovare posto all’interno della lunetta e nel registro mediano, sviluppandosi ai lati delle finestre fortemente strombate disposte nella parte centrale dei muri. La fascia inferiore è concepita come una balza a finto marmo. Nella parete dietro l’altare, la lunetta presenta una straordinaria, originalissima Maestà. La Vergine, in trono, è affiancata da due gruppi di angeli che le offrono vassoi con rose e gigli: i più tipici attributi mariani, come a Siena aveva stabilito Simone Martini nella sua Maestà del Palazzo Pubblico. Attorno alla Regina del cielo sono disposte due schiere di santi; ai suoi piedi giace una languida Eva avvolta in una morbidissima tunica bianca, con le spalle coperte da una pelle di capra (simbolo della lussuria). La progenitrice regge in una mano un ramo di fico (evidente richiamo al peccato) e nell’altra un cartiglio in cui, rivolgendosi all’osservatore in prima persona spiega il significato teologico del suo ruolo e di quello della Madre del Salvatore (“Fei peccato perché passione sofferse Cristo che questa reina portò nel ventre a nostra redentione”).

L’area sottostante è occupata dai protagonisti di un’Annunciazione di pregevoli fattezze. In occasione dei restauri del 1966, sotto l’intonaco di questa scena fu rinvenuta una sinopia che ha rivelato in maniera lampante quale fosse stata l’originaria soluzione per rappresentare la Vergine: si mostrava spaventatissima aggrappandosi ad una colonna. L’insolita iconografia adottata da Ambrogio, probabilmente giudicata troppo ardita, fu ben presto fatta modificare da un altro pittore, affinché definisse l’immagine di una Maria ‘normalizzata’, che devotamente piega la testa alle parole dell’annuncio e tiene le mani conserte sul petto.

Nella parte sinistra dell’affresco in alto, appare il titolare della cappella. A capo di un corteo di personaggi sacri e accanto all’arcangelo Michele, si riconosce facilmente San Galgano, che come di consueto, è presentato nelle vesti di giovane cavaliere con in mano uno spuntone di roccia e la spada, nella fascia mediana è narrato un episodio della vita del santo, ossia il viaggio da lui fatto a Roma, in visita al papa Alessandro III. In questa scena Ambrogio offre una visione compendiaria della città del pontefice, rappresentando alcuni dei suoi edifici più celebri.

A rendere più difficile l’interpretazione delle pitture di Montesiepi sono le loro assai precarie condizioni conservative. Ora staccati, nel laboratorio di Santa Maria della Scala, troveranno forza di recupero e una più approfondita rilettura storico-iconografica.

L’altra opera, esposta è il polittico della chiesa di San Pietro in Castelvecchio a Siena, che nell’occasione è stato più correttamente ricomposto e riunito con l’originaria cimasa raffigurante il Redentore benedicente, oggi conservato al Museo diocesano del Duomo di Siena. Nel 2016 i restauri proseguiranno con l’apertura di altri due cantieri. Il primo nella chiesa di San Francesco, volto al restauro degli affreschi dell’antica sala capitolare dei frati francescani senesi e l’altro nella chiesa di Sant’Agostino, dove nel capitolo Ambrogio Lorenzetti dipinse un ciclo di storie di Santa Caterina e gli articoli del Credo. Di questo ciclo pittorico è sopravissuta soltanto una grandissima Madonna col Bambino e la corte celeste da sottoporre ad una attenta revisione ai fini conservativi.

Ma nell’occasione sarà possibile effettuare dei sondaggi sulle altre pareti dell’antica sala, con la speranza che si sia salvato qualche ulteriore frammento delle pitture di Ambrogio

 

Maria Paola Forlani



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