Prodotti e confezioni [08-20]
Maria Lanciotti. Poesie sparse
28 Novembre 2015
 

Gli uomini non sanno piangere:

una lacrima basterebbe a demolire dighe.

 

 

Che mistero è mai questo…

 

Agnelli belano alle prime luci

per tre giorni

e tre notti li piangono mammelle

dolorose di latte.

Nei pascoli del cielo giornaliero

massacro, stelle letali

offuscano prati

nuvole cieche vanno alla deriva.

 

Che mistero è mai questo

quale indovinello infuoca

la mente

che assiste

demente –

a scempio e rinascita

e

d’un fiato trangugia

tossine

e colata di vergine miele.

 

Che mistero è mai questo…

 

Per una goccia d’essenza quante rose sgozzate!

 

 

 

Ponti

 

Tempo iniquo

costruttore di macerie

violato

da consapevoli barbari.

 

Il mio tempo crudele

rabbercia ponti spezzati

con malta di sangue

ossa

e pece.

 

Il mio tempo

divoratore di miti

e valori

consuma l’aromatica sorte

nel rogo delle quercete.

 

 

 

Esodo

 

Io non partirò.

Resterò con gli altri

vecchi

a parlare di loro.

Loro – zigomi duri –

non conoscono

il dolore di amare:

loro sono salvi.

 

Eredi

protervi

porteranno i lasciti in siti

lontani:

ai loro figli non parleranno

di noi.

 

Io non partirò.

Aspetterò la neve

per mangiare e bere

con gli altri vecchi.

 

Il cervo resta con noi

chi l’avrebbe mai detto! –

resta con noi

che non abbiamo più denti.

 

I nostri eredi ripeteranno

l’inganno

e dove andranno sarà

la nuova legge:

loro non hanno colpa

d’essere nati

col cuore radioattivo.

 

Noi il cuore l’abbiamo ormai

fermo

anche gli orologi sono fermi

e le campane

tacciono.

 

Bentornato silenzio.

 

 

 

L’ultimo

 

L’ultimo mietitore affila

la falce

e lotta coi corvi

ma è solo

e i corvi sanno aspettare.

 

Il capo dell’ultimo clan

passa la pipa

al totem dell’uranio

e sotto il cielo

scontroso

pronuncia parole

incomprese

di pace.

 

Carcasse di padri

biancheggiano

adorni

di collane d’osso

omaggio

e vendetta

del bisonte estinto.

 

La canoa ondeggia

inaffondabile:

perduti direzioni

e remi

aspetta

placata

che il tempo la consumi.

 

 

 

Voglio tornare al mare

 

Voglio uscire dalla palude

limacciosa

e torva

 

voglio tornare al mare

 

lontano dai serpenti

neghittosi e pigri.

 

Voglio tornare all’assalto di onde.

 

 

 

L’albero che partorisce nidi

 

Vinceremo noi:

questo dio vuole

disse la follia

agghindata di potere e saggezza –

ma chiaro sia:

la religione non c’entra

in questa battuta di caccia

globale.

 

Pace:

concetto al femminile

come casa e chiesa

non è spettanza di donne.

 

Ma quando dio perderà la barba

e le bianche chiome

forse

non è garantito –

a curare Pace e Giustizia

al primo vagito

accorreranno le donne.

 

Per ora – le donne –

attendono

il rientro dei maschi

stanchi

delle micidiali partite

e custodiscono

instancabili

l’albero che partorisce nidi.

 

Le donne hanno la pazienza del diavolo.

 

 

Maria Lanciotti


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276