Diario di bordo
Asmae Dachan. Il pianista di Parigi come il pianista di Yarmouk
15 Novembre 2015
 

Le note di “Imagine”, di John Lennon, hanno riempito nel pomeriggio di oggi il cielo triste e grigio di Parigi. Un misterioso pianista si è fermato con il suo strumento davanti al Bataclan, il teatro dove ieri si è consumata la strage degli innocenti e ha iniziato a suonare le note di questa struggente canzone, che ha un significato toccante e di grande attualità.

Immagina non ci siano nazioni

Non è difficile da fare

Niente per cui uccidere e morire…

Il video ha fatto in pochi minuti il giro del mondo, facendo sciogliere in un pianto commosso e liberatorio quanti non hanno dormito stanotte, quanti sono rimasti incollati ai notiziari, quanti sono ancora increduli e scioccati per l’orrore vissuto dalla capitale francese in una notte di folle terrorismo. E mentre le madri e i padri di quei giovani piangono i propri figli uccisi senza pietà nei bar, nei ristoranti o al concerto degli Eagle of death metal, mentre c’è chi ancora aspetta notizie dei suoi cari feriti, quel concerto improvvisato suona come una carezza al cuore di un’intera nazione. Una carezza che prende alla sprovvista anche i fomentatori di odio che senza alcun rispetto per la morte scrivono sentenze e condanne a loro piacimento, puntando il dito contro innocenti.

Le immagini del pianista di Parigi ricordano altre immagini di un pianista in un luogo devastato, martoriato, ferito al cuore dal terrorismo: le immagini del Pianista di Yarmouk che abbiamo conosciuto nel febbraio 2014. Si trattava di un giovane rifugiato palestinese nel campo profughi alla periferia di Damasco, sconvolto da oltre tre anni di assedio e colpito al cuore dai bombardamenti del regime prima e dal terrorismo poi. Anche quel giovane aveva suonato uno strumento sgangherato scaldando il cuore di quelli che lo hanno ascoltato grazie al video caricato in rete.

Probabilmente questi due uomini non si sono mai conosciuti e mai si conosceranno, come forse non conosceranno il violinista di Sarajevo che ha suonato sulle macerie della biblioteca Vijecnica.

In questa notte di angoscia e dolore alle nostre preghiere uniamo il potere consolatorio e commuovente delle note di questi giovani uomini. Perché la voce dell’umanità non può e non deve essere quella delle armi, ma deve essere quella della poesia che si fa musica.

 

Asmae Dachan

(da Diario di Siria, 14 novembre 2015)

 

 

  


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