Lisistrata
Lidia Menapace. Un modesto suggerimento metodologico
27 Agosto 2015
 

Vedo che si ripubblicano i giornali del regime fascista, proprio quelli che inneggiano alla guerra voluta da Mussolini e poi rovinosamente combattuta fino alla sconfitta: naturalmente viene voglia di dire male parole, sollevare alti lai, invocare il rispetto della Costituzione, ma mi permetto di suggerire in breve un comportamento molto "oggettivo", che non faccia rumore e non serva da cassa di risonanza: cioè di osservare che naturalmente non vi è traccia di stampa di opposizione, la libertà di stampa sotto il regime fascista era abolita e non si potevano scrivere opinioni in contrasto con i comunicati che ogni giorno il Minculpop, cioè il ministero della cultura popolare (ministero per la propaganda) inviava. Nemmeno la cronaca nera era permessa. Sicché le opinioni in contrasto avevano come veicolo quasi solo le barzellette, spesso si irride all'antifascismo delle battute, ma bisogna almeno ricordare che era l'unico possibile, senza correre troppi rischi.

Ad esempio Mussolini, per aver sottoscritto il concordato con il Vaticano nel 1929, veniva detto "l'uomo della provvidenza" e ostentava il cattolicesimo della sua famiglia. La barzelletta era la seguente. Sotto Pasqua del 1930, per mantenere il favore del papato Mussolini manda un suo figlio ostentatamente a confessarsi a San Pietro, passa un po' di tempo e il figlio torna, il secondo ci mette più tempo, il terzo sembra aver perso la strada: quando arriva, il padre gli chiede come mai ci ha messo tanto e riceve la seguente risposta: "Papà è meglio che tu ci vai con la macchina, per penitenza danno da fare il giro del colonnato una volta per ogni milione rubato". Non è sublime, ma fa girare la notizia che poi il regime era anche fatto di ladri.

 

Lidia Menapace


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