Manuale Tellus
Johan Galtung. Il Giappone rivisitato
09 Agosto 2015
 

Sono passati 70 anni da quando il Giappone si arrese agli Alleati il 15 agosto 1945. I principali politici, diplomatici, consiglieri accademici giapponesi ecc. dell’immediato dopo-guerra non hanno più ruolo pubblico e rilasciano interessantissimi resoconti che rivelano alcuni trucchi e bugie del sistema statuale.

Ciò può valere anche per loro stessi qualora tentino di scaricarsi una cattiva coscienza. Comunque, a parte questo, qui ci concentriamo su come io stesso, con una buona conoscenza convenzionale del Giappone, lo rivisiti e lo revisioni.

Più particolarmente, su tre aspetti della storia dell’area Asia-Pacifico:

Pensavo che “l’Asia agli asiatici” significasse “l’Asia al Giappone”; che cos’è successo?

Il Giappone pre-1945; l’eredità economico-militare-culturale-politica?

Le atrocità giapponesi particolarmente in Corea e Cina; scuse?

Solo il Giappone in tutto il mondo combatté tutte le potenze coloniali occidentali: la Russia nel 1904-05, la Germania nella 1ª guerra mondiale, l’URSS nella 2ª, inglesi-francesi-olandesi nel dicembre 1941, gli USA dopo Pearl Harbor. Per cui, tutti odiavano il Giappone. Altri asiatici, ma non la Cina, combatterono propri nemici: India-Malesia-Birmania gli inglesi, il Vietnam i francesi (e Giappone-USA-Cina), l’Indonesia gli olandesi e i portoghesi.

Il Giappone “avanzò”, riempiendo vuoti lasciati dall’Occidente, occupò, estrasse risorse. Tuttavia, per quelli che provarono tale situazione più a lungo – Taiwan dal 1895 e la Corea dal 1910 – con ovvie carenze, si trattò di un’inclusione in un Giappone in espansione, molto diversa dalla colonizzazione occidentale. Taiwanesi e coreani avevano la stessa impronta culturale dei giapponesi, con ottime università imperiali a Taipei e Seoul, tuttora di primo rango, ed erano accettati dalle supreme accademie militari e università imperiali in Giappone.

Di che si trattò, quindi?

Non di un’“Asia per il Giappone” ma piuttosto di un “Giappone in Asia”, di un’“Asia nipponizzata”.

Fu invitato? Non dai colonialisti occidentali. Le dinastie Ching e Yi in Cina e in Corea erano in declino; c’erano aperture, indicazioni.

Comunque, la storia è scritta dai vincitori; il Giappone fu punito, lo è tuttora.

L’eredità del Giappone? Il colonialismo occidentale sprofondò le proprie colonie al fondo del sistema economico mondiale – dove si trovano per lo più ancora – per ottenerne risorse, con poca o nulla istruzione, figuriamoci un’istruzione superiore, con una minuscola élite formata nel paese “madre”. Che cosa accadde a quelli “inclusi” dal Giappone?

Il Giappone ha lasciato un modello economico con cultura buddhista e confuciana incorporate, un’economia “B-C”, non “G-C”, intesa come giudeo-cristiana. Un capitalismo collettivo con diritti e doveri sia per i ceti alti che per quelli bassi, con meno disuguaglianza. E un modello molto concreto di sviluppo.

Degno di citazione è un personaggio, l’economista Kaname Akamatsu, noto in Occidente per la teoria delle “oche volanti” con un’oca-guida, il Giappone; ma non noto per quel che le fa volare. Akamatsu ha sfidato un pilastro portante della dottrina economica occidentale, i vantaggi comparati di Ricardo, a favore del cambiamento del profilo dei fattori di produzione con un processo di trasformazione sempre più intenso delle risorse, comprese quelle umane, investendo il valore aggiunto in ulteriore trasformazione.

Fu attivo come consulente al di fuori della Malesia e di Singapore occupati.

Il colonialismo occidentale ha tenuto per sé i metodi di lavorazione intascandone il valore aggiunto; il Giappone ha condiviso il valore aggiunto con i paesi inclusi.

I quattro “dragoni” – Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Singapore – erano stati tutti parti del sistema, il che gli ha permesso in seguito di competere con il Giappone stesso, negli anni 1970-80, con prodotti di altissimo livello.

L’economia varata da Deng Xiaoping in Cina dal 1980 in poi era ispirata a Singapore, ma attribuita al politico Lee Kwan Yew, non ad Akamatsu. A lui importava meno la proprietà privata anziché statale, piuttosto gli interessava un sempre maggiore valore aggiunto investito nei processi manifatturieri. Il risultato 35 anni dopo, oggi, è un’economia cinese fiorente in parte basata sulla teoria di Akamatsu, con un punto focale buddhista-marxista sui bisogni basilari.

Il buddhismo-confucianesimo, condiviso in tutta l’Asia dell’Est, è un buon terreno per seminare tali sementi giapponesi. Il collettivismo era solito venire introdotto nel mondo aziendale nella scia dell’impiego a vita e della promozione in base all’anzianità che mantenevano coeso il gruppo di chi entrava in servizio lo stesso anno; questo però è stato meno copiato.

Militarmente-politicamente, il Giappone post-1945 occupato di fatto è diventato un cliente USA al punto di interpretare l’art. 9 della Costituzione come compatibile con l’“auto-difesa collettiva”. L’Est-Asia ha avuto la parte migliore del Giappone; gli USA hanno ottenuto uno stato satellite, iniettandovi la propria economia, presentata come “riforme”.

E riguardo alle atrocità? Il Giappone è stato accusato di molte di esse al tribunale di Tokyo, sette criminali di guerra di classe A sono stati giustiziati; centinaia di essi da tribunali militari in Cina, URSS e altri paesi asiatici che erano stati occupati dal Giappone.

Fra le più infami ci fu il massacro di Nanchino di presumibilmente 300.000 civili, migliaia di “donne di conforto” coreane usate dai soldati giapponesi, e il campo sperimentale medico in Manciuria; non rivisitato.

Di atrocità ne avvennero sì, ma furono alterate ed esagerate.

Dal museo di Nanchino, che si dice sia finanziato dai sindacati giapponesi, risulta forse un decimo delle vittime sbandierate; la maggioranza delle quali potrebbero essere state soldati in abiti civili. Il Giappone stava combattendo una guerra complessa contro Chiang Kai-Shek sostenuto dalla Germania nazista e a tratti dagli USA, e contro Mao sostenuto dall’URSS, dal Komintern e a tratti dagli USA.

Originariamente, la fonte della storia delle “donne di conforto” è un libro di Seiji Yoshida, per sua confessione del tutto inventato, la Storia “come se”. Le donne erano ben pagate dai soldati. Ma la storia fu raccolta da agenzie giornalistiche, soprattutto dall’Asahi Shimbun (“Giornale del sole del mattino”, quotidiano nazionale giapponese, ndt), dalla cosiddetta sinistra giapponese, dalla Corea, e usata contro il Giappone. Che deve continuare a scusarsi, per sempre, della guerra, del colonialismo, delle atrocità. Si inneggia alla Germania come modello da emulare. La Germania si è scusata per la 2ª guerra mondiale in Europa o per il colonialismo in Africa e nel Pacifico? Per la shoa, sì; incolpandone sostanzialmente Hitler e il partito nazional-socialista. Guerra, colonialismo, atrocità sono state considerate l’essenza del Giappone, accidentali in Germania. Ecco all’opera il razzismo occidentale: impunità per i bianchi, non per i gialli. Giudicato dalle potenze coloniali occidentali i cui crimini coloniali gridano al cielo rispetto a quel che fece il Giappone.

Me compreso, che ho attribuito il colonialismo occidentale al Giappone. Chiedo scusa.

 

Johan Galtung

(da Transcend Media Service, 3 agosto 2015)

Traduzione di Miky Lanza

per il Centro Studi Sereno Regis


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