Diario di bordo
Vincenzo Donvito. Tossicodipendenza e carcere: L'Italia è un Paese in cui il binomio vuol dire morte...
29 Giugno 2015
 

Firenze – Un detenuto è morto ieri nel carcere fiorentino di Sollicciano. Era un tossicodipendente in cura metadonica che, assunte altre sostanze che girano clandestinamente all'interno del carcere, non ha retto ed è deceduto. Si tratta, quindi, di una morte causata dal proibizionismo: sostanze che, pur se di diffuso consumo, sono illegali, assunte senza controlli sulla qualità delle stesse e sulla loro tolleranza da parte dei singoli; assunte, inoltre, nel contesto carcerario che, al di là dello stupore (per chi ancora lo prova) perché circolano lì dove si presume che i controlli su ciò che entra dovrebbero essere maggiori rispetto ad altri luoghi, tutto è più precario, più pericoloso… basti immaginare cosa sia lo spaccio in quel contesto rispetto al “normale” spaccio agli angoli di tutte le strade di tutte le nostre città.

Il morto di oggi, ottavo dall'inizio dell'anno nella struttura di Sollicciano, proprio perché soggetto tossicodipendente, ha un peso maggiore sulle responsabilità dell'amministrazione carceraria, del sistema sanitario e delle leggi in materia di droghe.

L'amministrazione carceraria:

- non è in grado di far rispettare le leggi all'interno delle proprie strutture (sicurezza e spaccio);

- non è in grado di offrire contesti di espiazione della pena o di attesa del giudizio che rispettino l'individualità (umana e sanitaria) dei reclusi, aiutandoli nel recupero e reinserimento piuttosto che a commettere ulteriori reati, lesivi anche sul personale piano sanitario.

Il sistema sanitario:

- non è in grado di garantire le cure nei luoghi anche più difficili (il carcere) per soggetti più deboli come i tossicodipendenti. Credere che l'assunzione del metadone (come nel caso odierno) sia di per sé risolutivo per curarsi, per quanto utile, è pesantemente insufficiente, tant'è che la ricerca (soddisfatta, nel nostro caso) di sostanze da sballo per lenire la propria dipendenza non viene sostituita, lenita o annullata.

Le leggi in materia di droghe:

- sono quel che sono (proibizioniste), nonostante le sentenze della Corte Costituzionale e fior fiore di sentenze di vari livelli giudiziali, che auspicano di non curare i malati -per quanto spesso anche rei contro le attuali leggi- in carcere. Di fatto, oggi c'è ancora chi tossicodipendente muore in carcere a causa della sua malattia.

In tanti dicono che questo è un contesto di urgenza. Ma sono molti di più, e con più potere, quelli che si fanno entrare queste vicende da un orecchio e se le fanno uscire dall'altro. Noi aggiungiamo anche che è un'urgenza di facile soluzione, ma evidentemente -in virtù del diffuso e delinquenziale contesto normativo e procedurale del nostro Paese- visto che c'è poco da guadagnarci in potere e denaro, gli stessi molti di cui sopra giocano (anche e soprattutto con la vita degli esseri umani) a rendere difficile la soluzione di questa urgenza. Siamo lapidari se sosteniamo che oggi chi non agisce è responsabile e complice?

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc


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