Lisistrata
Lidia Menapace. Invasioni barbariche? Migrazioni di popoli? Migrazioni di massa?
Monumento ai guerrieri unni nella Piazza degli Eroi di Budapest
Monumento ai guerrieri unni nella Piazza degli Eroi di Budapest 
23 Giugno 2015
 

Chiamiamo invasioni barbariche quelle che interessarono lo Stivale per alcuni secoli dopo la caduta del'Impero romano d'Occidente. Addirittura chiamando "regni romano-barbarici" quelli che ne derivarono in vari luoghi dell'Italia settentrionale.

Vediamo di intenderci sull'uso dei termini, a partire dalla toponomastica: ad esempio Bologna, che era una città etrusca col nome di Felsina, fu chiamata Bononia dopo l'invasione dei galli Boi; allo stesso modo Sena fu chiamata gallica, in Italiano Senigallia... La Gallia cisalpina (cioé posta di qua: cis) divenne Lombardia dopo essere stata conquistata dai Longobardi. I Celti (altra tribù gallica) lasciarono nomi in -ate, come Linate Trecate Brembate Tradate ecc. ecc. Gotica, dopo le invasioni dei Goti fu detta la linea dell'antico confine d'Italia, sotto la quale linea era vietato dalle leggi romane portare armi ed eserciti. Appunto il varco del Rubicone da parte delle truppe comandate da Giulio Cesare ai suoi tempi fu il segno del suo colpo di stato e probabilmente Hitler pensò di ristabilire quel confine obbligando le sue truppe alla più feroce resistenza appunto alla "linea gotica". ll cascinale dei Cervi, era su quella linea, verso l'Adriatico, come S. Anna di Stazzema lo era verso il Tirreno.

Mentre in Italia quegli arrivi di popolazioni straniere erano sentiti come invasione barbara da parte di popoli dei quali non si capiva la lingua e non si condividevano i costumi né l'urbanizzazione, nelle popolazioni di origine germanica che ne furono per lo più protagoniste erano chiamate in modo neutro Voelkerwanderungen, cioé migrazioni di popoli, anche quelle provenienti dall'Asia (Attila di lì arrivava e per sfuggirlo fu costruita nella palude Venezia, che in effetti è una delle meno antiche città italiane).

Il termine greco barbaròs, barbaro significava balbuziente, incomprensibile e conteneva un cenno di superiorità da parte dei Greci, che infatti riconoscevano come pari e non barbari solo gli Egizi, mettendo le basi del fenomeno che chiamiamo razzismo.

Non so in altri continenti, dei quali non conosco abbastanza la storia, ma certo in Europa un fenomeno di questo tipo, comunque lo si voglia chiamare, avviene dopo la caduta o la crisi grave di un assetto politico economico sociale e culturale di lunga data e segna un passaggio epocale. Non sembra che vi si possa porre ostacolo, per quanta ferocia e violenza si metta nel reprimerlo controbatterlo sconfiggerlo. Le popolazioni del nord arrivarono fino in Sicilia coi Normanni, a Trani è sepolto un re longobardo, Alarico è sepolto a Cosenza ecc. ecc. Queste estreme scosse geopolitiche spesso si intrecciano con periodi di straordinario favore successo gloria splendore. E riportano la storia indietro di secoli: ad esempio le prime distrussero spesso le vestigia dell'ordine giuridico romano; la seconda di tali evenienze, cioè la scoperta dell'America, che fu contemporanea del Rinascimento, vide il ripristino della schiavitù, e oggi assistiamo quale guasto sulla fragile sottile e superficiale crosta civile sta avvenendo in Europa con non pochi segni di ritorno del Feudalesimo (le corporazioni, il lavoro non pagato dei e delle migranti).

Sembra dunque di poter sommariamente riassumere questo capitolo storico col dire che talora, nel bel mezzo di una storia che avanza secondo le sue intrinseche propensioni gusti cultura scoperte ecc. ecc., si infilza qualcosa di estraneo, allotrio, incomprensibile, che genera panico e ripudio e fa tornare indietro quel complesso di convinzioni giudizi comportamenti leggi ecc. ecc. che chiamiamo civiltà; si avvia una profonda ondata di insicurezza ansia panico odio respingimenti ecc. ecc.

Torno a ripetere che non pare vi si possa porre rimedio, meno che mai accentuando le previsioni di "invasione" "cancellazione" "perdita di identità" e simili: tutte queste "risposte" producono danni maggiori, e d'altronde non sono meccanicamente sostituibili con i soliti discorsi di buonsenso e buoncuore sull'accoglienza accettazione inclusione ecc. ecc. Le prediche lasciamole al papa, ché gli spettano.

 

Ma allora: che fare? 

Forse molte cose anche non coordinate e connesse tra loro, apparentemente casuali o anomale, guardando solo di evitare accuratamente il confronto sulle religioni, il passato, la storia e la gara tra le civiltà. I missionari, se hanno scelto di convertire l'Islam facciano, ma non diano il minimo sentore di politica alla loro predicazione, né di carità o elemosina ai loro lavori.

Racconto ciò che ho provato a fare io. Premetto che da anni mi aspetto una ondata di Voelkerwanderungen, e mi chiedo in che rapporti esse siano con la crisi mondiale globale capitalistica, che agisce naturalmente mostrando attraverso le televisioni i giornali, insomma i mezzi di comunicazione di massa immagini affuenti ricche vantaggiose, dall'Europa e dagli USA, suscitando per contrasto desideri e proiezioni verso di noi. Sicché quando nelle parti povere del pianeta si cade nella miseria carestia e magari anche guerre e dittature, parte una migrazione di popoli che si scarica attraverso inenarrabili fatiche rischi privazioni morti sulle coste mediterranee e ci arriva addosso, a me nella forma di quelli, raramente quelle, che vendono per strada piccole merci o chiedono direttametne l'elemosina, oppure lavano i vetri delle automobili ai semafori, insomma ciò che sappiamo e vediamo ogni giorno.

Mi fa vergogna sia di dare qualcosa che di non dare nulla a chi chiede, ma poiché penso che loro preferiscono che io mi vergogni dando qualcosa, quando esco di casa per fare la spesa mi metto in tasca quei pochi euro che ogni giorno posso dare via. E perché non pensino di essere una cassetta delle elemosine, sono solita salutare e chiedere da che paese vengono, da quanto sono in Italia, insomma che tempo fa. Rispondono volentieri, soprattutto gli Africani, che la seconda volta ti chiamano già mama.

Dopo un po' di tempo, siccome un arabo (scoprirò poi marocchino, di Fez) vende asciugamani e calzini di buon cotone, se mi servono, mi servo da lui e lui a sua volta cerca di sapere chi sono chiedendo ad altri di Bolzano che abitano nelle vicinanze, Bolzano è una piccola città e la sua curiosità viene soddisfatta. Incomincia a chiamarmi dottoressa e si offre di portare fin sottocasa la spesa, va bene, intanto parliamo e lui a un certo punto dice che dove abita lui l'acqua c'é, però manca il pozzo.

Ma perché allora, se io riesco a mettere da parte del denaro mio o che mi viene dato, non lo raccogliamo allo scopo di scavare il pozzo? loro ci mettono il lavoro, io aiuto a comprare le macchine ecc. La cosa si fa e infine ricevo quello che sono solita citare come il più bel complimento che abbia ricevuto in vita; "dottoressa al mio paese anche gli asini ti vogliono bene", poichè se c'è il pozzo bevono e si tolgono la sete anche gli asinelli, giusto. Ma poi -mi dice- c'è un grande cambiamento, anche le donne si riuniscono lavorano discutono propongono, una cosa mai vista. "Caro, si chiama rivoluzione" gli dico tra il serio e il faceto.

Fatto il pozzo, le donne pensano che anche i loro cibi sono buoni e che se si fa un centro per i possibili turisti, si ha modo di vendere qualcosa. Detto fatto, a settembre ci andrò, per inaugurare il centro, che mi chiedono di poter chiamare menapace: benone è un buon augurio.

Bisogna fare copie di questo? certo che no, è andato così per caso, però bisogna mantenere accesa la curiosità verso quel che succede e se ha dentro di sé anche timori e rischi, cercare se o cosa ha anche di utile o positivo e lavorarci sopra col massimo di eguaglianza possibile, senza montare in cattedra, ricordando sempre che noi europei ed europee abbiamo inventato fatto e praticato verso di loro il colonialismo più sfruttatore e che quindi se non ci sparano a vista, ma accettano di lavorare con qualcuno/a tra noi, sono generosi e intelligenti, speriamo vada tutto bene, io speriamo che me la cavo, appunto.

 

Lidia Menapace


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276