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Annagloria Del Piano. A teatro con Gente Assurda e “Io sono anaffettivo” 
Apprezzatissima la compagnia teatrale sondriese in trasferta per sostenere il Gazetin e la libertà di espressione
07 Aprile 2015
   

È il 28 marzo 2015 e per salutare il nostro mensile 'l Gazetin, costretto a chiudere i battenti, va in scena la pièce teatrale Io sono anaffettivo, della compagnia sondriese Gente Assurda.

L'occasione è quella di sottolineare l'importanza del diritto di libertà di espressione e, con esso, di libertà di critica e di satira che, invece, sulla pelle di un progetto come il Gazetin, non sono stati riconosciuti tali, nel corso di processi e sentenze che già conoscete.

La sala, messa gentilmente a disposizione dal ristorante Mulino di Morbegno, è gremita e questo è già un bel risultato. Io sono anaffettivo è uno spettacolo nato da un soggetto teatrale di Gianluca Moiser, professore liceale, regista teatrale e pittore: un artista a tutto campo.

Aggiudicatosi il III posto al Premio di Drammaturgia Scart Drama - Gatto Rosso 2013, è stato realizzato dalla compagnia Gente Assurda prima come progetto on line, su You Tube, e poi come spettacolo teatrale da portare sul palco. Molto interessante il presupposto alla base: un'umanità divisa fra anaffettivi, fieri di esserlo, e chi invece prova e coltiva emozioni. Fra chi si dice sensibile e chi concepisce il completo distacco emotivo come linea guida per la propria esistenza, al fine di non farsi coinvolgere dall'altro, non soffrire, rimanendo - di contro - in un territorio asettico, dove, per non essere travolti dall'infelicità, il prezzo da pagare è una tranquilla assenza di emotività, portatrice, se non di felicità, almeno di quieto vivere, di appagamento.

Cinque attori su cinque sgabelli, con bretelle, cappello e T-shirt, in versione un po' cabaret, sfoggiando la scritta-dichiarazione “io sono anaffettivo” sulla maglietta. Una sorta di orgoglio identitario, a scanso di equivoci. Per ciascuno degli interpreti, brevi monologhi ben congegnati, briosi e, al principio, dall'effetto straniante. Perché è straniante sentir parlare di quanto siano noiosi gli altri, i loro problemi sempre sbattuti in faccia all'interlocutore, anche se questi altri si identificano in conoscenti, amici o parenti. Amici lamentosi, “che scocciano tutti con le loro menate, che credono di esistere solo loro, al centro del cosmo!” Parenti cui dover fare regali nelle ricorrenze, coniugi da sopportare, magari - non sia mai - in pochi metri quadri di abitazioni che non lasciano spazio a sane distanze... O ancor peggio, sentir osannare l'etica di chi si disinteressa delle tragedie del mondo: di chi muore per fame, dei bambini soldato, dei popoli in guerra, della caduta di ogni valore... Insomma, allo spettatore si propone una società politicamente scorretta, un individualismo sfrenato, l'elogio del totale menefreghismo: “Davvero pensate che abbia senso occuparsi degli altri? I buoni sentimenti sono la causa dei mali peggiori. Presuntuosi! Ecco cosa siete, voi affettivi, che pensate di essere indispensabili al mondo, con la vostra affettività!”

Ciò che produce tutto quest'affaccendarsi a spiegare e sostenere una tale ottica, è in realtà la riflessione nello spettatore, il quale non può evitare di valutare quanto sia necessaria da parte sua un'azione contraria, verificando con se stesso se e quanto sia opposta a quella suggerita la propria visione del mondo e conseguentemente il proprio modo di vivere. Sarà così pian piano condotto verso la percezione delle tante ipocrisie, dei luoghi comuni, delle idiosincrasie che ne governano la vita, suo malgrado, o che comunque avvelenano l'ambiente in cui vive. Un'ottima occasione, quindi, per un ripensamento, indotto non dall'aver assistito ad una violenta e aperta critica sociale, bensì ad un ragionamento più sottile, condotto spaziando tra letteratura, mitologia, cronaca e quotidianità, una funambolica corda tesa nel campo dell'ironia (si ride, e di gusto, assistendo a questa pièce!), del paradosso e del grottesco.

Molto bravi e convincenti gli attori, ora indifferenti a chi li osserva, a darci le spalle, ora ostinatamente intenti a fissarci negli occhi, per provocare una nostra reazione. Davvero un buon spettacolo e una bella serata!

 

Annagloria Del Piano

(per 'l Gazetin, aprile 2015)


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