Oblò cubano
Gordiano Lupi. Aleida Guevara a Piombino
31 Marzo 2015
 

Sala colma di nostalgici comunisti a Piombino ad ascoltare la Cuba dei sogni narrata da Aleida Guevara, intervistata da una giornalista che non sa niente di Cuba, ma funge da microfono – stile Giani Minà con Fidel Castro – per dare voce ai luoghi comuni più tristi dispensati dalla figlia del Che.

“Noi cubani non abbiamo grandi ricchezze ma godiamo di una cosa ben più importante che è la dignità”, dice.

Se ci fosse stato un solo cubano in sala, uno dei tanti che sono scappati dal Paradiso tropicale e che affollano anche i nostri lidi, avrebbe risposto che il Partito Comunista al potere ha perso contatto con i bisogni della popolazione, non sa neppure che i cubani si stanno vendendo tutto, soprattutto la dignità.

“Siamo gente allegra, balliamo, cantiamo e in due minuti riusciamo a organizzare una festa. Siamo fatti così e ne andiamo orgogliosi”, prosegue.

Brava Aleida Guevara che ripeti lo stereotipo europeo del cubano che ride, canta, balla e non soffre il peso dei problemi. Brava davvero. Realismo meraviglioso stile Alejo Carpentier, alla faccia di chi soffre, sogna soltanto la fuga e non riesce a sbarcare il lunario con i magri stipendi di Stato.

Non è finita qui. Aleida critica Papa Francesco, dice che lei non è mai stata religiosa e che la Chiesa dovrebbe fare qualcosa per impedire la morte di tanti bambini per fame, invece di dire soltanto belle parole.

Il comunismo cubano, invece, ha fatto miracoli, incentivando l’emigrazione clandestina, la caccia al turista, la prostituzione, le truffe e la borsa nera, edificando una società di nullafacenti che sopravvive soltanto grazie alle rimesse di chi è riuscito a fuggire. Proprio il sogno di Che Guevara, un uomo tutto d’un pezzo che Aleida sostiene di aver conosciuto. E qui la spara davvero grossa: “Se sono quella che sono lo devo all’educazione che ho ricevuto da mio padre”. Ho tradotto una Vita del Che scritta da Alejandro Torreguitart, ma basta Wikipedia per rendersi conto che il Comandante Ernesto Guevara è morto in Bolivia quando sua figlia aveva sette anni. Prima non aveva fatto in tempo a insegnarle molto, tra missioni all’estero e guerre internazionaliste africane. Di vero c’è soltanto una cosa: Che Guevara era una persona coerente, un autentico comunista, con pregi e difetti che tale definizione comporta, un uomo integerrimo, di saldi principi. Non Aleida Guevara, non la generazione dei comunisti cubani al potere. No davvero. Un’oligarchia viziosa che vive nel lusso mentre il popolo soffre e cerca soltanto la maniera di arrangiarsi. Non sarebbe piaciuta a suo padre la Cuba che avete costruito, dottoressa Guevara. Non gli sarebbe piaciuta proprio. Ma forse siete ancora in tempo a cambiare…

 

Gordiano Lupi


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