Arte e dintorni
Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi 
Al Museo d’Arte della Città di Ravenna fino al 14 giugno 2015
Palizzi,
Palizzi, 'La ragazza sulla roccia a Sorrento', 1871 
13 Marzo 2015
 

Fra il 1848, l’anno delle rivoluzioni europee e della prima sfortunata guerra d’indipendenza e il 1870, data della conquista di Roma, si compie, attraverso tre guerre e l’avventurosa «impresa dei Mille», l’aspirazione dei patrioti italiani all’unità nazionale e il disegno dei Savoia della conquista del regno d’Italia.

Gli eventi risorgimentali, dalle prime insurrezioni popolari alle campagne belliche, l’esaltazione patriottica, le repressioni, le condanne, gli esili, la vittoria finale, hanno profondamente inciso sugli artisti italiani, molti dei quali, romanticamente, hanno preso parte attiva a questi fatti, qualcuno restando ferito o mutilato, qualcuno morendo in seguito ai combattimenti, tutti comunque sentendo l’importanza del momento storico vissuto.

Tuttavia, malgrado la sincerità dei sentimenti, raramente la pittura italiana di questo momento raggiunse livelli elevati e, in confronto all’importanza di quella francese, appare più modesta, sia come qualità, sia come risonanza europea e peso storico.

D’altra parte, mentre in Francia Parigi è il centro verso il quale vengono attratti artisti di ogni regione, che lì si incontrano, si scambiano idee, si maturano l’uno a contatto con l’altro (anche se successivamente disperdendosi), l’Italia, divisa in tanti ambienti politici (le capitali degli antichi stati) e culturali, stenta a trovare un linguaggio pittorico che vada al di là dei limiti angusti della provincia: solo Firenze, per alcuni anni, sembra trovare il suo tradizionale ruolo di protagonista dell’arte italiana, senza tuttavia riuscire a diventare centro propulsore per il futuro.

Ciò nondimeno esistono, anche in Italia, pittori di notevole valore e movimenti rinnovatori, che si possono riassumere schematicamente, come in Francia, in due correnti principali: l’una intimista, l’altra realista, entrambe in opposizione alla retorica teatrale del quadro storico medievale.

Quando si dice realismo, tuttavia, non si deve intendere la polemica sociale di un Courbet o di un Daumiier (anche se essa affiora spesso in qualcuno dei maggiori pittori, come Fattori e Signorini), quanto, piuttosto, l’accostamento alla natura oppure agli umili e alle loro povere cose, o, comunque, alla vita quotidiana.

Il Museo d’Arte della Città di Ravenna presenta fino al 14 giugno 2015, la mostra "Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi", a cura di Claudio Spadoni (catalogo SAGEP), come recita il titolo dell’esposizione, intende restituire, infatti, attraverso diverse sezioni tematiche, la rappresentazione del ‘paesaggio’ italiano inteso in tutti i suoi aspetti, offrendo anche un palinsesto della società e della cultura dalle premesse dell’Unità alla partecipazione al primo conflitto mondiale, di cui cade il centenario quest’anno.

Il tessuto straordinario della realtà geografica e storica italiana, fatto di intrecci e sedimentazioni di testimonianze culturali, rimane sostanzialmente inalterato fino all’industrializzazione e a i suoi nuovi processi produttivi.

La mostra offre dunque una sequenza di documenti pittorici delle straordinarie bellezze paesaggistiche italiane, e insieme spaccati di vita quotidiana come specchio di diverse condizioni sociali, in tempo di grandi trasformazioni – politiche, economiche, culturali – rappresentate dai maggiori artisti italiani, ma anche nella prospettiva eccentrica degli artisti stranieri calati nel nostro Paese per ammirare e dipingere le bellezze. Una storia, anche, di interpretazioni diverse, in taluni casi a carattere ancora marcatamente regionalistico, in altri, di trasformazioni linguistiche di respiro europeo per un arco di tempo che va dalla pittura Macchiaiola all’insorgere dell’avanguardia futurista.

La mostra apre con un’ampia sezione introduttiva con la presenza di alcuni dei più noti dipinti di Induno, Fattori, Lega, Guaccimanni, dedicati all’epopea risorgimentale.

Si succedono poi diversi altri capitoli di questo viaggio nel tempo lungo la nostra penisola, ma anche in sequenza di modelli espressivi, con dipinti dei maggiori artisti del tempo, come Caffi, Fontanesi, Induno, Lega, Bianchi, Palazzi, Previati, Segantini, Costa: vette alpine, vedute lacustri, i più ammirati paesaggi marini, e scorci tra i più pittoreschi della città mete celebri del Grand Tour, come Venezia, Firenze, Roma, Napoli, nelle diverse declinazioni degli interpreti di punta del secondo Ottocento italiano, nonché di diversi artisti stranieri.

Il Bel Paese è poi raccontato, oltre che per l’intrinseco fascino degli scorci naturali, nella straordinaria, inconfondibile compenetrazione di natura e sedimento culturale, memorie storiche, anche attraverso immagini suggestive di tradizioni e costumi, grazie ad opere di figure come Signorini, Lega, Michetti, Morbelli, con rappresentazioni della vita quotidiana di una società ancora rurale ma che lentamente si avvia ad una modernizzazione, con artisti quali Fattori, Cammarano, Cannicci, Boccioni, per citare solo pochi nomi.

A dar lustro ai molteplici aspetti del nostro Paese non manca la caratterizzazione di personaggi di diversa condizione sociale offerta da Lega, Cremona, Boldini, De Nittis. Quasi un album di famiglia di oltre un secolo fa, a memoria di come eravamo’. In questo anche la ricca sezione dedicata alla fotografia, praticamente agli esordi alla sua Progressiva affermazione, ha una parte molto importante, con alcuni dei suoi storici pionieri.

La parte conclusiva con opere realizzate tra il primo e il secondo decennio del ’900, che documentano le premesse divisioniste chiaramente innestate in un clima europeo, e l’avvento del Futurismo, l’avanguardia guidata da Filippo Tommaso Marinetti, con artisti quali Balla, Carrà, Boccioni, Russolo, decisi a spazzare via ogni residuo della cultura e della sensibilità ottocentesche, prima della Grande Guerra, vero spartiacque tra i due secoli, segni profondamente anche la continuità e le avveniristiche utopie del movimento.

 

Maria Paola Forlani


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