Arte e dintorni
Alberto Figliolia: Wim Wenders. America 
Mostra fotografica a Villa Panza di Varese
Wim Wenders, Joshua and John (behind), Odessa, Texas, 1983
Wim Wenders, Joshua and John (behind), Odessa, Texas, 1983 
19 Febbraio 2015
 

Per lo più non si muovono persone sui fondali, quasi una poetica del vuoto: che siano strade, interni di edifici, paesaggi urbani o naturali. La presenza umana è semplicemente evocata dalle cose, dalle costruzioni, dall'abbandono che ne è avvenuto. Oppure sono le macerie della distruzione: l'immane inconcepibile ferita di Ground Zero (apocalittici fumi e la luce come un miraggio divino, inspiegabile). I cespugli del deserto, pianure sterminate, pullman in attesa di invisibili passeggeri, piazze come un set sconosciuto, nubi statiche e fili elettrici, orizzonti e rare ombre.

L'America profonda e antiretorica, nessuno scintillante lustrino a esibirla, di Wim Wenders, regista e fotografo, non si sa se più l'uno o l'altro mestiere nella sua anima, due aspetti in realtà di una creatività potente, una sensibilità acuta e intelligente nel cogliere segni ai più celati. La mostra fotografica Wim Wenders. America, sotto l'egida del FAI a Villa Panza (Varese), è sorprendente, avvolgente, hopperiana (nel senso sia di Dennis che di Edward), spaesante coi suoi reconditi significati e simboli, eppure così concreta, un manifesto di umanità, quell'umanità che passa senza apparenti tracce, scorrendo nell'implacabile fiume del tempo, lasciandosi dietro idee, respiri, speranze. Un'eredità difficile e tuttavia da narrare, compito che spetta a tutti noi del presente (“i sopravvissuti”?).

L'esposizione sarà visitabile sino al 29 marzo e, per quel che concerne la fotografia, appare abbastanza imperdibile. I paesaggi danno forma alle nostre vite, plasmano il nostro carattere, definiscono la nostra condizione umana e se sei attento acuisci la tua sensibilità nei loro confronti, scopri che hanno storie da raccontare e che sono molto più che semplici luoghi, in tal modo Wim Wenders descrive il suo approccio alla rappresentazione fotografica della realtà, quell'inchiodare alla vista interiore, mediante l’utilizzo di una macchina panoramica “che riproduce visioni che scardinano la normale percezione”. Le opere in mostra, in numero di 34 e sovente di grandi dimensioni, sono state realizzate negli USA fra la fine degli anni Settanta e il 2003 e documentano ambienti, paesaggi, architetture, strade catturati dall’obiettivo di Wenders con uno sguardo intenso e profondo “teso alla contemplazione dell’immensità della natura e alla potenza della luce”.

Le fotografie s'inseriscono alla perfezione, in un itinerario tematico e cronologico, negli spazi di Villa Panza, di cui i visitatori potranno ammirare i preziosi e raffinati interni, la sapiente disposizione degli oggetti d'arte delle collezioni, la meraviglia delle installazioni artistiche, capolavori di luce, che ne corredano le vie sino alle Scuderie.

«Wim Wenders il nomade, l’europeo in viaggio, è dotato di una pratica Leica caricata con pellicola a scorrimento per esplorare i nuovi set da immortalare nei film, ma passa a una Makina-Plaubel con pellicola negativa Eastman per “guardare le cose (regarder)” e “conservarle (garder)”. Ne è un esempio Entire Family del 1983, una delle sue foto preferite, dove il negozio vuoto in blu e rosso di Las Vegas in New Mexico esemplifica al meglio questa riflessione sulla “preservazione dalla scomparsa”. La cittadina non era adatta alle esigenze del film Paris, Texas perché troppo lontana dal sentiero principale, ma allo stesso tempo era necessario registrare quel sito, quelle insegne, quei nomi, tutte tracce di una umanità transitata altrove, con l’esigenza di sottrarre “le cose” all’azione incontrollabile del tempo. Così come per il Drive-in a Marfa, il supermarket Safeway a Corpus Christie in Texas, l’architettura avveniristica del palazzo di Houston, Entrance, e tanti altri scatti che esemplificano proprio questa urgenza. Il visitatore scoprirà lungo il percorso i soggetti selezionati dallo sguardo profondo e nitido di Wim Wenders, tra cui Cowboy Bar del 2001, mai esposta prima d’ora, e Western World Development, Near Four Corners del 1986, capace di coniugare il desiderio di vedere e quello di raccontare. Wenders infatti ripone grande valore nella funzione letteraria e narrativa dell’immagine come sede visiva di una o molteplici storie. Il percorso espositivo si concluderà nella Scuderia della Villa allestita come una cappella con la spettacolare opera in cinque “atti” Ground Zero: una preghiera in immagini forte e commovente che conduce lo spettatore alla riflessione sulla violenza e sul dramma collettivo. Sono molte le dinamiche che convergono nella costruzione dell’inquadratura di Wenders, non ultima il bisogno di focalizzare il “centro” perché tutto quello che è fuori dal perimetro dell’obiettivo andrà perso, come d'altronde la sua esigenza di puntare sempre a una resa dell’immagine perfetta. In questo senso Wenders si definisce un artigiano che utilizza la luce: non è un caso infatti che nel suo ultimo film dedicato al fotografo Sebastião Salgado, Il sale della Terra (2014), il narratore fuori campo enunci ad apertura del documentario la definizione del termine foto (dal greco φῶς, -φωτüς, luce) e grafia (dal greco γραϕßα, disegno)».

E quanta poesia nel Cimitero Indiano in Montana... Echi di Spoon River, l'incessante e toccante mormorio delle generazioni, lontane dalla Storia forse, ma esse stesse tutte storie (raccontate e ancora da raccontare).

 

Alberto Figliolia

 

 

Wim Wenders. America. Con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della Regione Lombardia, della Provincia di Varese e del Comune di Varese. Sino al 29 marzo 2015. Villa e Collezione Panza, Piazza Litta 1, Varese.

Per informazioni: www.wimwendersvillapanza.it

Orari: tutti i giorni, tranne i lunedì non festivi, dalle 10 alle 18

 

 

Per tutte le illustrazioni di questo servizio © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/ Wenders Images/ Verlag der Autoren


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