Lo scaffale di Tellus
Annagloria Del Piano. “Giuda” di Amos Oz 
Una dissertazione romanzesca sul concetto di tradimento, come atto di crescita e cambiamento
15 Gennaio 2015
 

Amos Oz

Giuda

Feltrinelli, 2014, pp. 327, € 18,00

 

L’ultimo libro di Amos Oz, Giuda, è un viaggio appassionante intorno al concetto di tradimento, sviscerato attraverso la narrazione romanzesca di una storia che coinvolge tre personaggi, davvero ben delineati nei loro caratteri, tanto da rimanere lungamente impressi nel lettore. Il giovane Shemuel viene lasciato dalla fidanzata e contemporaneamente si trova costretto ad abbandonare gli studi universitari a causa dei problemi economici sorti alla sua famiglia, che lo mantiene: due eventi che rivoluzionano la sua vita, imponendogli tra l’altro alcuni cambiamenti pratici, tra cui trovarsi un’occupazione e una nuova abitazione. Shemuel si ritrova, così, ad occuparsi di tenere compagnia ad un anziano disabile di grande cultura, desideroso di qualcuno con cui discutere, ricevendo in cambio vitto e alloggio. In realtà, non è l’intellettuale a richiedere questa compagnia direttamente per sé, bensì una donna attraente che vive con lui, la quarantacinquenne Atalia a preoccuparsi per lui. Shemuel si trasferisce nella loro casa e pian piano intesse col vecchio Gershom un rapporto quasi filiale, retto sulla spontaneità reciproca che da subito riesce ad instaurarsi fra loro e li porta a fronteggiarsi in discussioni animate che spesso li vede interpellarsi da fronti opposti su questioni religiose e politiche. Fino ad arrivare a confidenze personali e di natura drammatica, tali da avvicinarli come non mai.

Siamo nel 1959. Lo stato di Israele è relativamente giovane e i due si cimentano spesso a questionare circa l’utilità, internazionale e per gli ebrei stessi e i loro vicini palestinesi, di averlo creato. In causa viene ben presto inserito anche il punto di vista del padre di Atalia, morto da qualche anno, dapprima importante esponente del sionismo nascente, poi rappresentante delle più accese posizioni contrarie e per questo tacciato di tradimento ed emarginato. Shemuel è sempre più attratto dalla sua figura, come da quella di Giuda, su cui stava incentrando la sua ricerca di dottorato all’università, analizzandone il carattere e le motivazioni al suo agire nei confronti di Gesù. Il tutto nella convinzione che Giuda fosse stato il più fedele e devoto dei discepoli e che non abbia mai tradito Cristo, il vero fondatore della fede cristiana. Infiltratosi nel gruppo dei dodici su proposta dei sacerdoti e dei farisei, suoi intimi amici (visto che Giuda era un uomo benestante e esperto della legge), era divenuto suo malgrado il confidente più stretto di Gesù, catturato dalla sua personalità travolgente, dall’amore che emanava, dal suo slancio morale, dalla grandezza della visione e determinato, quindi, a spingerlo a dimostrare la sua onnipotenza, fino al punto di indurlo a morire per dare vita al miracolo ultimo, perfetto, della risurrezione. Poi invece sarà solo morte, sotto gli occhi di tutti, su una croce, e di conseguenza la fine di un sogno per Giuda che, distrutto, si ucciderà.

Allo stesso modo Shemuel considera errata la definizione di traditore per il padre di Atalia, Shaltiel Abrabanel, attuando un parallelismo fra la sua sorte e quella di Giuda. È davvero, il loro, un tradimento? Non, più correttamente, esecuzione di altri destini? Appassionato appoggio alla causa delle origini, la più pura, la più autentica matrice di ogni successiva ideologia o religione? Così anche Shaltiel veniva chiamato il traditore – racconta Gershom – perché, si diceva, era sempre con gli arabi. Venivano da lui giornalisti e politici arabi. Lo chiamavano traditore perché nel ’47 e persino nel ’48, nel pieno della Guerra di Indipendenza, lui sosteneva che la decisione di fondare uno stato degli ebrei era un tragico errore. Diceva che sarebbe stato meglio agire con pazienza, non sbandierare rivendicazioni nazionaliste, permettere solo un’immigrazione lenta degli ebrei sopravvissuti alla Shoah, centomila circa, dare modo agli arabi di digerire per gradi, in dieci o venti anni, la presenza ebraica in terra d’Israele. Intanto dialogare strenuamente, creare sindacati di lavoratori misti, aprire gli insediamenti ebraici ai residenti arabi, le scuole e le università agli studenti arabi. Lo chiamavano traditore perché sosteneva che un giorno non sarebbero più esistiti stati con frontiere, filo spinato, passaporti, eserciti e bandiere, bensì comunità di gente che parla lingue diverse, facendo a meno di quei nefasti giocattoli che sono i fucili e la vasta altra gamma di strumenti di distruzione!

Forse Shaltiel era un sognatore, come un sognatore è Shemuel. E forse il tradimento è in realtà sinonimo di cambiamento. Di certo, nell’anno trascorso presso Gershom e Atalia, Shemuel cambierà. Mentre si interroga su tutto, trovando nel vecchio intellettuale un valido e autorevole interlocutore, di pari passo si intensifica per il giovane l’attrazione verso Atalia, questa donna bella quanto enigmatica, sempre silenziosa, ma determinata. Disillusa, ma agguerrita nelle sue posizioni. Una donna che ha sofferto molto, nella sua infanzia e nella sua vita privata. Il libro di Oz è denso di riferimenti colti alle tradizioni religiose ebraica e cristiana messe a confronto, di approfondimenti sulla storia della nascita dello stato di Israele e, al contempo, parla al lettore di quotidiani rapporti interpersonali. C’è il tradimento in ambito politico e religioso, dunque, ma anche il sentirsi traditi da un compagno di vita che parte per una guerra per l’altro assurda, o da genitori dai quali non ci si è mai sentiti amati e apprezzati, o da una fidanzata che interrompe il rapporto preferendo un altro uomo. Il tradimento non come semplicistica definizione di un voltafaccia, ma come complessa situazione di crescita e cambiamento, come arricchimento di esperienze molteplici e di punti di vista diversi. Poiché sovente le tragedie personali irrompono sulle nostre convinzioni cambiando o affinando la prospettiva e rendendoci diversi. È forse, anche, la riflessione di Oz scrittore, lui stesso – racconta – a volte tacciato come traditore, a causa delle sue posizioni aperte e dialoganti col mondo arabo.

 

Annagloria Del Piano


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