Telluserra
Carlo Forin: Halloween - Antares
30 Ottobre 2006
 
La Redazione di Tellusfolio mi invita a raccontare che cosa sia Halloween per me. Ho l’occasione, per la prima volta nei passaggi di Halloween al giro dell’anno, di raccontare per filo ciò che studio ormai da sette anni: Antares come origine di Halloween (potete cliccare su www.siagrio.it / Antares.
La rosa, che abbiamo visto come ‘utero sacro’ in Telluserra mostrerà anche il suo aspetto di ‘rosa nera’, la morte.
 
La sera del 31 ottobre gli Americani festeggiano Ognissanti: All Hallows evening, sera di tutti i Santi, cristianizzazione di una festa celtica precedente (Shamaine).
Halloween sincretizza, in giochini per bimbi (‘dolcetto-scherzetto!’ gridano ‘a sorpresa’ a chi apre loro la porta) una festa sacra.
 
La novità che vi propongo è questa: sono tre le feste da mettere insieme: KAR MUR/A’ ki till (sumero/accadica) – Shamaine (celtica) – Halloween (americana).
Assieme mostrano l’archetipo più straordinario della storia dell’umanità e corroborano il senso portato dalla rosa. Ci voleva questa festa (E ZEN sumera da leggere ZEN E) ed erano indispensabili i nomi degli dèi a rivelare l’iter < IT ER, cammino ER del Sole IT: dalla Mesopotamia, per la Gallia fino in America.
 
La prima festa celebrava la ‘forza della vita morte’, il Capodanno sumero-accado.
La fine dell’anno vecchio veniva vissuta come ‘fine del mondo’ perché per secoli l’anno fu tutto (AN - NUS: Cielo - Immagine della morte); la nascita dell’anno nuovo era una vera rinascita alla vita per tutti, un miracolo che, pur ripetendosi nei secoli anno dopo anno, veniva vissuto ogni volta come portentoso (la ierogamia era il culto della vita portata in terra dal Cielo).
AN TAR ISH celebrava lo sposalizio del Cielo (AN) con la Terra (ISH TAR) ad inizio anno, che poteva finire a fine anno (TAR ISH) nel TAR TAR U, in un Inferno per tutti e tutto.
La RU SHA, sacro utero, poteva finire in rosa nera.
Possiamo chiamare AN TAR ISH ‘Archetipo della vita-morte’.
Nello Zodiaco (LU HE – leggete ce-lo -) la stella Antares univa, come clip di una collana, i dieci segni-mese con un doppio mese (della vita-morte): la morte alla vita.
 
Mi ha colpito, all’inizio dell’indagine, il racconto dell’archeoastronomo Adriano Gaspani.
I Druidi (i sacerdoti celtici) fissavano alla levata eliaca di Antares (cioè quando osservavano la stella poco prima del sorgere del sole) il Capodanno (da Adriano GASPANI-Silvia CERNUTI, L’astronomia dei Celti, Aosta, Keltia editrice, 1997).
I Druidi erano devoti al dio Taranis.
 
Racconta Semerano:
«La colonna è l’axis mundi , perciò l’attributo Taransi(1) (ciclo del cielo) del loro Giove va inteso come accadico(2) taru (giro, ‘Ruckvendung’) e Anu (dio Cielo, ‘Himmelsgort’); ‘il più grande fra gli dei del cielo’ come chiosa l’autore dei Commenta Bernensia è proprio quel Giove dei cicli al cui compiersi, come si usa al nostro fine d’anno, viene bruciato il fantoccio di legno imbottito di uomini vivi, proprio come i fantocci, gli Argei che i Romani lasciavano cadere nel fiume».(3)
 
Il ciclo del Cielo, (Taru Anu) in accadico, è AN TAR ISH, in sumero, e TAR AN IS, tra i Celti.
Shamaine unisce SHAM AINE il Sole alla dea della vita-morte.
Aine è la celtica dea della vita e della morte, come ISH TAR mesopotamica (Esca orlandese, letta ISH KA).
SHAM è spiegato a palindromo in SHAMASH , cioè vi si legge, a circolo retrocedendo in sham -> mash, il nome babilonese del Sole.
SHAMASH si spiega nel sumero SHA -ME -ASH, Utero – ME - Uno all’origine (Aine rivela un fonetico Ein tedesco, omologabile ad ASH sumero).
 
Possiamo ben dire che il ME, che ritorna in TI ME, time inglese ‘tempo’, è ‘vita (TI) del ME’ come potrete verificare cliccando www.biuso.it/testi.htm.
 
Il dio dei guerrieri celtici, Lugh, rivela di essere LU GH sumero, soggetto luce, che dà il fuoco sacro latino, lughdus, ed il bosco sacro, lucus, e la lux, luce.
 
Carlo Forin


(1) Mia nota: «Tarani (lat. Taranis) – Divinità celtica attestata per la Gallia in questa forma specifica da Lucano (Bellum civile v. 444-446, accanto a Esus e Teutates) e, con varianti formali da poche iscrizioni che riguardano pressochè tutto il mondo celtico. Il nome è presentato a volte da solo, senza altro nome divino, più spesso come epiteto di Iuppiter con cui T. è identificato. La scelta di Iuppiter come ‘interpretazione romana’ del dio trova ragione nel fatto che T. è un dio del tuono, come dichiara il suo nome (sic) (dal celt. Taran- ‘tuonare’, ‘tuono’), caratteristica che è comune allo Iuppiter visto nelle sue manifestazioni meteoriche violente. (omissis per pudore su ‘indoeuropeo’). A T., stando ai Commenta Bernensia, venivano sacrificati esseri umani facendoli bruciare dentro alberi cavi; di fatto sembrerebbe che i Galli istituissero un’intima solidarietà tra la folgore, cioè il ‘fuoco celeste’ e il fuoco prodotto e usato cultualmente sulla terra, in questo caso nell’olocausto umano». LA PICCOLA TRECCANI, Milano-Roma 1997, ad vocem.
«Taranis. Dio celtico identificato con Giove dei Romani. Pare che fosse un dio folgorante e presumibilmente il suo nome viene da Taran (tuono, in Bretone). Nelle iscrizioni latine lo si trova attestato col nome di Giove (Iuppiter) e l’epiteto di taranico (taranicus) era connesso con la quercia, e comunque venerato sotto forma di una quercia. A differenza del Giove romano aveva un carattere ‘guerriero’». GRANDE ENCICLOPEDIA DE AGOSTINI, Novara 1994, vol. 21 ad vocem.
(2) La ‘u’ è desinenza babilonese: nell’accezione accadico-sumerica si legge ‘tar’ e ‘an’. ‘Is’, l’altro teomonema di An tar Is, è la componente principale di Is ht Ar/Is th Ar dea della vita/dea della morte.
(3) G. SEMERANO, Le origini della cultura europea, Firenze 1984, p. 293.

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