Oblò cubano
García-Margallo all’Avana: aspettative, speranze e delusioni di una visita 
L'opinione di Miriam Celaya per 14ymedio
29 Novembre 2014
 

Questa visita ha segnato ampiamente una differenza rispetto a quelle di altri cancellieri e funzionari di vari paesi che ci hanno fatto visita negli ultimi mesi

Forse ciò che più ha dato fastidio agli anticastristi di linea dura è il giudizio di García-Margallo sull’importanza di tracciare una rotta di transizione sulle istituzioni esistenti

 

 

Chi si aspettava che la visita del Ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel García-Margallo, segnasse una svolta fondamentale nella vita dei cubani medi, ha subito, in seguito ai giorni di permanenza dell’alto funzionario all’Avana, una profonda delusione. Dobbiamo riconoscere però, che questa delusione non va del tutto messa in conto al cancelliere spagnolo, bensì allo spropositato eccesso di aspettative di alcuni analisti.

Tra le critiche mosse da alcuni di questi a García-Margallo, c’è quella di non aver incontrato rappresentanti dell’opposizione, di aver offerto una conferenza magistrale a porte chiuse in un luogo filogovernativo come l’Istituto Superiore di Relazioni Internazionali (ISDI) di fronte a un pubblico meticolosamente selezionato (nella foto EFE/MAEC, ndr), e di non essere stato esplicitamente critico verso il regime cubano.

Ciò significa che dal rappresentante del Governo del paese che oggi come oggi è il terzo socio commerciale di Cuba, la cui funzione prioritaria è – logicamente – tutelare gli interessi economici e mantenere al miglior livello possibile le relazioni con il Governo dell’isola, si pretende ciò che mai verrà preteso dal rappresentante di qualunque altra nazione, non ai funzionari dei paesi alleati ai Castro, ma a quelli di altri paesi europei.

Ma siamo realisti, il Ministro degli Esteri di Spagna, naturalmente, non è arrivato a Cuba per rovesciare la dittatura; questo – lo sappiamo bene noi dissidenti, oppositori, insoddisfatti, e tutto l’eccetera dei critici e contrari alla satrapia verde olivo – non è così semplice, né propriamente un compito dei rappresentanti dei governi stranieri che ci fanno visita. Non aveva la minima possibilità di tenere la sua conferenza dalla tribuna della Piazza Civica o dal centro dello Stadio Latinoamericano; o di creare una crisi politica tra il suo Governo e la satrapia antillana sollevando l’opposizione o invitandola gentilmente in un luogo in cui la stessa polizia politica avrebbe controllato l’ingresso.

Tuttavia, a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate da García-Margallo di fronte ai media, e per la suddetta conferenza, che verteva sulla Transizione spagnola – in cui è facile scoprire il parallelo stabilito tra la situazione del suo paese nel tardo-franchismo e i primi anni della Transizione e la realtà cubana attuale – potremmo affermare che questa visita ha segnato ampiamente una differenza rispetto a quelle di altri cancellieri e funzionari di vari paesi che ci hanno fatto visita negli ultimi mesi, e addirittura, ha alzato il tono abitualmente compiacente dell’attuale capo del Governo spagnolo, Mariano Rajoy, e dei suoi predecessori.

Finora, nessuno di quei visitatori aveva manifestato così apertamente il proprio disaccordo con questioni radicali delle direttrici politiche del Generale-Presidente cubano, riflesse nelle sue dichiarazioni, come quella secondo cui “la Spagna mira a un ritmo più rapido nelle riforme economiche a Cuba”, che contraddice la celebre cantilena raulista senza fretta ma senza sosta.

Altrettanto chiare sono state le sue parole riguardo l’importanza del progresso verso l’unificazione monetaria, il decentramento della presa di decisioni, l’approvazione dei Patti di diritti civili e politici e di diritti economici sociali e culturali, così come dal Patto 87 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla libertà sindacale; e la sua richiesta alle autorità cubane di permettere il rientro sull’isola degli ex prigionieri politici recatisi in Spagna dopo le scarcerazioni del 2010-2011, paese in cui risiedono attualmente.

D’altra parte, nel corso della conferenza “Vivere la transizione: una visione biografica del cambiamento in Spagna”, tenuta all’ISDI, García-Margallo ha chiaramente fatto cenno all’importanza della libertà di espressione, di stampa, di riunione e di associazione; al pluripartitismo come pilastro della democrazia e dell’armonia nazionale, alle transizioni pacifiche come cammino per cambiamenti politici sicuri e duraturi, e al “recupero delle libertà”, tra altri punti che si contrappongono al discorso ufficiale cubano.

La conferenza è stata segnata da abbondanti indizi di ciò che realmente pensa il Governo spagnolo del regime cubano, ed è innegabile che, nonostante l’opposizione non fosse presente alla cerimonia, lo era nelle parole del cancelliere, visto che i postulati citati aderiscono perfettamente a ciò che noi oppositori alla dittatura verde olivo reclamiamo da anni. Ciò si può considerare positivo, perfino per un pubblico in cui non possiamo negare fossero presenti orecchi ricettivi.

È ovvio che la stampa castrista non abbia divulgato questi elementi scomodi. È anche ovvio che il signor ambasciatore di Cuba in Spagna abbia tentato di minimizzare le dichiarazioni del rappresentante del Governo spagnolo alludendo in tono quasi gioviale che spagnoli e cubani sono “una stessa famiglia malgrado le differenze”. Ma questo silenzio ufficiale e il fatto che il Generale-Presidente, Raúl Castro, non abbia avuto un incontro con il rappresentante del Governo spagnolo, lungi dallo sminuire le verità dette dal cancelliere iberico all’Avana, tendono a rafforzare il suo significato e suggeriscono quanto controverse siano queste relazioni “familiari”.

Forse ciò che più ha dato fastidio agli anticastristi di linea dura e agli estremisti radicali è il giudizio di García-Margallo sull’importanza di tracciare una rotta di transizione sulle istituzioni già create, modificandole via via che la realtà si trasforma e i cambiamenti si fanno più profondi. Questo è un modo di mantenere l’ordine nelle società che per lungo tempo sono state esasperate dalle polarizzazioni proprie delle autarchie.

Da parte mia, ho sempre preferito l’ordine al caos. Proprio l’abbattimento delle istituzioni precedentemente stabilito fu uno degli strumenti utilizzati dal regime a partire dal 1959 per, approfittando del caos e della perdita dell’ordine legale, assicurarsi al potere per più di mezzo secolo. Non sarebbe sensato sostenere un disordine che ci riporti indietro per più di 60 anni di dolorosa storia.

Ma, al di là delle nostre percezioni personali, delle nostre aspettative o desideri, a rigor di logica, José Manuel García-Margallo ha seguito un programma diretto fondamentalmente a tutelare gli interessi economici presenti e futuri del suo paese a Cuba. Questa è la sua funzione e molto probabilmente la compie a dovere. Per quanto riguarda i cambiamenti reali che si devono realizzare sull’isola e l’impatto che questi dovranno avere sui “cubani medi”, è affar nostro.

 

Miriam Celaya

(da 14ymedio, 27 novembre 2014)

Traduzione di Silvia Bertoli


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