Laboratorio
Chiara Accogli. Ambiente e Comunicazione 
Una giornata di studio a Savona per riflettere sulla Cultura ambientale
27 Novembre 2014
   

Geografi, ingegneri, sociologi e neo-comunicatori esplorano con il loro sapere i territori della comunicazione ambientale: media, professioni e prospettive per ripensare il rapporto uomo-ambiente. Il 19 novembre 2014, presso il Campus Universitario di Savona, si è svolta la Giornata di Studio su Ambiente e Comunicazione, organizzata dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università di Genova (DISFOR), nell'ambito del Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione, insieme alla Federazione Italiana Media Ambientali (FIMA).

Augusta Molinari, docente di Storia contemporanea, ha dato avvio ai lavori ricordando che nel nostro Paese il rapporto tra ecologia e contesto storico ha visto anni bui, una situazione basata sul conflitto e lontana dalla collaborazione, sino alla nascita di Italia Nostra (1955), periodo segnato dalla figura di Antonio Cederna, giornalista, ambientalista, politico e intellettuale italiano, impegnato nell'attività di denuncia, pioniere e figura di riferimento per la cultura ecologista nazionale e angloamericana.

Riccardo Parigi, comunicatore ambientale, ha presentato la sezione ligure della FIMA e ha sottolineato che «bisogna cercare di creare dialogo, alimentare una green economy per convivere bene in un ambiente, ascoltare differenti punti di vista, mettersi in gioco»; inoltre ha aggiunto che l'ambiente è un concetto suscettibile di plurime interpretazioni e che oggi, grazie all'accelerazione nell'utilizzo di diversi media (stampa, televisione, radio, internet) il nostro compito è «aprirci a mondi e ambienti differenti».

Con questo invito, si apre il topic del mattino: I media ambientali, opportunità e prospettive.

Il primo relatore, Giorgio Roth, Docente di Gestione delle risorse idriche, con l'intervento Eventi alluvionali: stima e informazione, ha delineato i tre elementi importanti nella valutazione del rischio d'inondazione: pericolosità, valore, vulnerabilità e ha illustrato il “rischio naturale” per le metropoli, riportando il caso di Tokyo, dove «è stato fatto molto per equilibrare i tre elementi». Segue la gestione del rischio d'inondazione, alla quale si devono ricollegare il Governo del territorio (analisi del rischio, interventi, preparazione) e la gestione dell'evento (allerta, emergenza, assistenza, ricostruzione). Attraverso varie carte tematiche ha indicato le aree italiane soggette a rischio e ha mostrato i risultati dell'impatto dell'inondazione a scala locale (nello stesso Campus), a scala vasta territoriale (per la regione Piemonte e il Niger) e a scala globale.

Con Guido Paliaga, vice Presidente dell'Ordine Regionale Geologi della Liguria, l'attenzione si è spostata su Crescita dell'urbanizzazione ed esposizione al rischio idrogeologico: esempi internazionali e locali. Il relatore ha affrontato anzitutto il tema della proporzione tra i costi di prevenzione e le spese per la mitigazione dei danni. Sul versante scientifico, una spesa maggiore in prevenzione porterebbe a una minore rifusione dei danni; sul versante della popolazione, un approccio deterministico dovrebbe essere affiancato e poi superato da un approccio probabilistico, tipico dei Paesi anglosassoni. In questo quadro risulta evidente la richiesta più urgente: «la necessità di una crescita culturale», finalizzata alla consapevolezza del processo di antropizzazione. Dopo aver illustrato il caso ligure della Val Bisagno, Paliaga ha concluso con una seconda esperienza diretta in Oman, in cui si è realizzato un sistema di dighe per regimentare i corsi d'acqua esondati a causa del ciclone Gonu, che ha investito la capitale nel 2007: «un esempio di come sia possibile ripensare il rapporto tra uomo e ambiente, coniugando scienza e prevenzione in territori soggetti a rischio idrogeologico e investiti dal fenomeno dell’urbanizzazione».

A proposito di Sicurezze ignorate e governo della sicurezza, il sociologo Salvatore Palidda, terzo ospite della giornata, ha esortato i partecipanti a riflettere sulle cause e sulla relazione tra l'insicurezza ambientale e quella umana. Il nostro Paese, pur avendo molti siti riconosciuti ad alto rischio idrogeologico, non ha sviluppato e investito in una cultura della prevenzione e ha tradito la stretta radice etimologica del termine Repubblica (res-publica, cosa di tutti). Il relatore ha sottolineato che «La cultura della prevenzione è carente, lacunosa, inesistente»; inoltre sono critici anche gli aspetti inerenti le professionalità del settore della sicurezza, la formazione della Protezione Civile e la sensibilizzazione della Polizia ai problemi ambientali.

Il quarto relatore, Marco Vallarino, game-designer e giornalista, ha introdotto il tema della Gamification. La comunicazione ambientale attraverso il gioco e ha fornito un esempio di come sia possibile veicolare anche l’educazione all’ambiente attraverso il gioco. Dopo aver invitato il pubblico in un percorso virtuale in un parco urbano, lo ha sollecitato a trovare i rifiuti e smaltirli nei giusti contenitori, conquistando punti del gioco per ogni comportamento corretto.

È seguito l'intervento del sociologo Mauro Palumbo, presente in conference-call, che ha approfondito il tema Quali le competenze del comunicatore ambientale? Sulla base del Repertorio Regionale delle professioni, ha fatto notare che in Liguria, nella panoramica delle professioni ambientali, tra il tecnico, l'esperto e l'educatore prevale la competenza educativa su quella comunicativa: una vera opportunità per creare master misti tra queste due macro-aree didattiche.

La prima sessione della giornata si è conclusa con una tavola rotonda L'Ambiente e la notizia a cui hanno partecipato giornalisti e comunicatori ambientali: Marcello Zinola (Il Secolo XIX), Andrea Ghiazza (Coop. Editoriale ABC), Gilberto Volpara (PrimoCanale). Le diverse voci registrano all'unisono un chiaro messaggio: «il tema ambientale è trattato solo se c'è un'emergenza, altrimenti non fa cassetta». Il dibattito incontra il tema cruciale della differenza tra Informazione e Comunicazione e la domanda è come sempre puntuale: «allora, chi è il comunicatore ambientale?». «Colui che ricerca la bellezza nel dialogare, il fascino di costruire» ribatte il comunicatore ambientale e moderatore Riccardo Parigi; «colui che con un fumetto racconta il mondo della protezione civile», aggiunge il giovane comunicatore e creativo Andrea Ghiazza. «Quali consigli, quindi, per fare il giornalista?», chiede uno studente delle ultime file, «Convinzione, passione, multimedialità; è un mestiere che s'impara per strada» suggerisce Gilberto Volpara.

La sessione pomeridiana è stata dedicata agli spunti di riflessione di docenti e laureati di Scienze della Comunicazione, affiancati da professionisti del settore, volti ad argomentare il tema Vecchi e nuovi media come fenomeno di comunicazione: opportunità per l'ambiente?

La geografa Antonella Primi, coordinatrice della giornata, ha iniziato con l'intervento La Comunicazione della Conferenza Rio+20. Per quanto i risultati della Conferenza delle Nazioni Unite del 2012 e il documento finale siano stati ampiamente ritenuti come fallimentari, in occasione dei suoi lavori sono state messe in campo (a livello ufficiale e non) numerose strategie e strumenti di comunicazione per ampliare il coinvolgimento dei partecipanti e della società civile (video, blog, condivisione di messaggi e immagini, sondaggi on-line, twitter storm).

Segue l'intervento di Chiara Accogli su Cartografia e Comunicazione: i terremoti a L'Aquila (2009) e Haiti (2010), che ha esemplificato come, secondo la Critical Geopolitics e seguendo una metodologia di analisi decostruzionista, la carta geografica si può esaminare come un linguaggio con cui si esprimono le opinioni di chi la redige, «un sistema rappresentativo volto a costruire l'immagine dell'altro».

Dagli eventi sismici al nucleare, la parola passa a Giacomo Tasso, con Genpatsu: la comunicazione del nucleare in Giappone. Il termine giapponese Genpatsu si riferisce all’atomo e al nucleare e l’intervento approfondisce il rapporto di lunga durata tra i media giapponesi e l'energia nucleare, analizzato prima, durante e dopo l’incidente della centrale di Fukushima (2011). Rapporto narrato e mediato da mezzi di comunicazione tradizionali e non, quali i “cartoni educativi” come PlutoKun, rivolto ai bambini per spiegare che non vi sono pericoli nei composti del plutonio.

La pubblicitaria Cristiana Solinas, dopo aver illustrato alcuni esempi di “cattiva comunicazione”, ha affidato il messaggio del suo intervento, L'immagine dell'ambiente, al linguaggio audiovisivo, suggerendo quali sono i diversi registri linguistici per trattare la comunicazione ambientale: poesia, ironia, innovazione, trasparenza, la voce della gente.

Chiudono la sessione pomeridiana Lorenzo Marcenaro e Giorgio Rinolfi parlando di Monitoraggio ambientale, droni, comunicazione digitale, in qualità di autori di un progetto sperimentale sui droni, coordinato dall'ingegnere e docente Gianni Vercelli. In particolare vengono illustrati diversi esempi di come i droni possono essere utilizzati nel monitoraggio ambientale, nelle ricognizioni archeologiche, nelle ricostruzioni in 3D e anche nella valorizzazione del patrimonio artistico.

L'ultimo saluto ritrova la vivacità del moderatore Riccardo Parigi che, esortando gli studenti a essere pro-attivi e dinamici, riprende i due principali temi della giornata di studio: ambiente e comunicazione, due mondi che possono dialogare per «contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere» (Art. 1, Convenzione di Aarhus).

 

Chiara Accogli


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