Lo scaffale di Tellus
Renato Pasqualetti. La memoria di un’amicizia
27 Settembre 2014
   

L'anno ha pochi giorni perfetti.
Non ci lascia mai incolumi la divinità felpata.
Noi la subiamo come l'eccessivo caldo
o il troppo freddo.
Nel corso passano senza freno i dagherrotipi
della nuova eleganza e ci portano via
le donne e la vita.

Remo Pagnanelli

 

 

 

Remo Pagnanelli era aristocraticamente dandy e capitava spesso d’incontrarlo a sera in centro a Macerata, con il suo sguardo sorridente e ironico e il suo immancabile foulard.

A Macerata era nato nel 1955 e aveva cominciato a scrivere qualche scarabocchio in versi fin dalle scuole medie. Poi le sue poesie erano diventate più robuste durante il liceo classico, che aveva fatto nella sua città, per diventare il suo mestiere già all’Università di Macerata dove, iscritto alla Facoltà di lettere moderne, si era laureato con lode nel 1978, con una bella tesi, poi pubblicata, su Vittorio Sereni. A Urbino si era specializzato gli anni successivi in critica letteraria con il professor Mario Petrucciani e una tesi su Sandro Penna. Poeta e critico letterario fin da giovane, non nascondeva ai suoi amici più cari, che restarono sempre quelli del liceo e del quartiere, che la sua vera aspirazione sarebbe stata quella di fare il direttore d’orchestra, tanto era innamorato della musica. La poesia, la letteratura, la musica le sue grandi passioni, ma anche la storia dell’arte che aveva insegnato e che lo aveva portato negli ultimi anni della vita come docente all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Oltre ai suoi saggi sulla letteratura, infatti, ne esiste una serie molto bella sull’arte e in particolare sugli artisti marchigiani, Licini, Scipione, Pannaggi, Peschi… che seguì sempre con interesse e ammirazione. Pagnanelli è stato un intellettuale poliedrico e anche un poeta della generazione attiva negli anni '80, che con il suo amico Guido Garufi fondò la rivista Verso, e che partecipava a convegni e appuntamenti culturali in tutta Italia, seguendo le correnti letterarie e cercando di sostenere quelle che lo convincevano di più.

Era innamorato della provincia e soprattutto del tempo che vi scorreva in maniera diversa e consentiva la contemplazione. Ma questo amore non gli evitava di essere durissimo con il provincialismo e con gli uomini che ne interpretavano gli aspetti peggiori. In questo si può trovare in lui una profonda affinità con Giacomo Leopardi, nello spirito ribelle, nella critica, anche ironica, alle classi dirigenti e allo stato presente del costume degli italiani. Famose sono restate alcune sue definizioni, coniate con gli amici al bar, che lui riteneva il luogo dove nascono le idee migliori, quali “Macerata, la più grande necropoli del Piceno” oppure “Macerata città cripto-erotica”. Espressioni ironiche e brucianti che mettevano a nudo gli aspetti dell’ipocrisia e della pigrizia delle città di provincia. Ma al bar nascevano anche definizioni geniali, come quella sulla giovane poesia marchigiana degli anni ’80, definita “un’avanguardia a ritroso”.

Oltre che autore di una poesia melanconica e ironica attraversata da una forte tensione etica, fu anche un critico letterario coraggioso e moderno, alcuni dicono forse superiore anche al poeta. Con una scrittura asciutta e elegante, si colloca senza dubbio nel filone dei grandi critici italiani, simile per temperamento e stile a Giacomo Debenedetti. Malgrado una produzione poetica e saggi di critico letterario di grande rilievo, Remo restò sempre un uomo modesto e riservato, come sanno essere i grandi talenti. Innamorato e competente di calcio, come Pasolini, non era raro vederlo felice tirare due calci nella piazzetta della stazione, dove aveva i suoi amici più cari. Poi Remo nel 1987 a 32 anni decise volontariamente di andarsene dalla vita, per cercare un riposo lontano dal frastuono del suo tempo, come era chiaramente annunciato nel titolo di una sua ultima fatica poetica: “Preparativi per la villeggiatura”.

 

Renato Pasqualetti


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