Il blog di Alejandro
Alejandro Torreguitart Ruiz. Canta che ti passa
20 Giugno 2014
 

Cuba è il paese delle meraviglie e dei meravigliati, sono io che non mi meraviglio più di niente, neppure di Silvio Rodriguez che un bel giorno si sveglia dal letargo e vede l'unicorno azzurro. Questa non è una canzone, Silvio. Si chiama vita. Ed è sempre stata dura. Magari non per te che canti le lodi del Comandante da tempo immemorabile, forse dalla tua casa di Miramar – ché poi io so un cazzo dove stai, ma mi sembra che Miramar sia il posto giusto per quelli come te – non si vedono i problemi della povera gente, non serve la tessera del razionamento, il bicchiere di latte è garantito, i taxi pubblici non si usano. Ecco, mi sa proprio che te dal 1990 a oggi hai vissuto in un limbo, una terra di nessuno insieme ai dirigenti del partito, i lacchè della rivoluzione e qualche finto dissidente con le tasche piene. Caro Silvio, tu pensa che quando ero piccolo cantavo La canzone per il Che e L'unicorno azzurro, ti ascoltavo estasiato come il profeta della Nuova Trova. Forse allora avevi ancora gli occhi aperti sul mondo, chissà, quel che cantavi andava diritto al cuore, restava impresso come una poesia indimenticabile. Vai a sapere come mai ti sei addormentato, forse è stata la sindrome della fiaba che ti leggevano da bambino, magari attendevi la principessa azzurra a cavallo d'un destriero bianco che ti destasse con un bacio. Ventiquattro anni di sonno, poi, un bel giorno, ti risvegli in un quartiere marginale di Holguin e caschi dal pero: “Non credevo che i cubani stessero così male, che la gente fosse così povera. Certo, io non vivo in un simile quartiere, la mia vita è molto più comoda rispetto ai cittadini comuni, ma il solo modo per migliorare la realtà è affrontarla”.

Bravo Silvio, c'è voluto tutto questo tempo per convincerti che bisognava aprire gli occhi di fronte alla realtà? Il popolo ha sempre vissuto così, anche se non ti rendevi conto, il comunismo è sempre stata una presa per il culo, voi pasteggiavate a vino rosso e caviale, noi si faceva la fame, per quelli come te il periodo speciale non è mai cominciato, per noi non è mai finito. Risparmiaci la pena di sentirti parlare di Internet, di cavi venezuelani, di un futuro diverso da come l'avresti immaginato, di gente che sogna di migliorare la propria vita. Canta che ti passa, Silvio. Canta, che almeno quello ti riesce. Ogni volta che parli fai una figura di merda.

 

Alejandro Torreguitart Ruiz

L'Avana, 19 giugno 2014

Traduzione di Gordiano Lupi


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