Arte e dintorni
Alberto Figliolia. Di due mostre luganesi 
“Gerusalemme fotografata” e “Barocco dal Santo Sepolcro”, per tutto maggio
01 Maggio 2014
 

Lugano... il Lago, le montagne intorno, un importante accumulo di storia, una città ridente, di vasto e tranquillo benessere. Non ultimo, un luogo dove si propongono, a un altissimo livello di qualità, arte e cultura. La stagione dei nuovi appuntamenti per il 2014 presenta, fra le altre opportunità a disposizione della comunità e del pubblico, tre appuntamenti che spaziano dall'arte antica a quella moderna, sino alla fotografia. Da Jean Arp e Osvaldo Licini, giganti della pittura (e scultura) accostati, al Museo d'Arte, in un intelligente e suggestivo itinerario parallelo (e ne parleremo più ampiamente in un successivo articolo), alla rassegna fotografica dedicata a Gerusalemme nel Museo Cantonale d'Arte-Ala Est (via Canova 10) e al Barocco dal Santo Sepolcro nell'ambito della Galleria Canesso.

 

Nel caso di Gerusalemme fotografata (aperta sino al 1° giugno 2014) si potranno ammirare 90 fotografie dedicate alla Città Santa. Scatti che provengono dal ricco fondo fotografico dell’École biblique et archéologique française fondata dai Padri Domenicani a Gerusalemme nel 1890, il più antico istituto dedicato agli studi biblici in Terra Santa, mentre per quel che concerne il Barocco l'esposizione presenterà, entro un percorso culturale coordinato, sei opere appartenenti al Tesoro d’arte della Custodia di Terra Santa, recuperate e restaurate grazie al contributo della Galleria Canesso promotrice, in uno spirito di mecenatismo, dell’evento.

Gerusalemme fotografata: «Un affascinante spaccato della stratificazione culturale e religiosa della città di Gerusalemme. […] Scattate nell’ambito delle ricerche archeologiche svolte dai Padri Domenicani, le fotografie in mostra sono straordinarie istantanee, datate tra il 1890 e gli anni Venti del secolo scorso. Le immagini documentano un panorama urbano unico al mondo, in cui s’intrecciano in maniera inestricabile le testimonianze storiche di tradizioni culturali e religiose talvolta in conflitto tra loro, ma da secoli obbligate a convivere».

Scorrono così ai nostri occhi il Santo Sepolcro, la Porta di Damasco, la Spianata delle Moschee, la Cupola della Roccia, il Monte degli Ulivi, le mura e un panorama antico in bianco e nero, luci e ombre della Gehenna e del Cedron, ulivi e cupole, la Via Dolorosa, nativi in posa, quasi sorpresi, interni di chiese e capitelli, comitive di pellegrini con tanto di contorno di guardie qawas, ufficiali e soldati turchi, polvere e sole, il Minareto Ghawanima, la Fontana di Qaytbay o Sabil Qaytbay, la Chiesa di Sant'Anna e quella di San Giacomo, Al-Tankiziyya, le strade della Città Vecchia, la Cittadella della Porta di Giaffa, la Tomba della Vergine (o Chiesa dell'Assunzione), e villaggi fuori, Hebron, la Grotta dei Patriarchi, Islam, ebraismo e cristianesimo in un'incredibile ricomposizione... Lastre stereoscopiche, a volte tenuamente colorate, e stampe all'albumina o ai sali d'argento: un documento eccezionale.

 

Presso la Galleria Canesso (Piazza Riforma 2) invece, come detto, anche qui sino al 1° giugno 2014, sarà visitabile la mostra Barocco dal Santo Sepolcro. «Un evento composito che ha al suo centro sei opere del barocco napoletano, cinque tele e un imponente bassorilievo in argento donate, grazie al ruolo dei Francescani Minori, dal Regno di Napoli alla Terra Santa nel Sei e Settecento. Le caratteristiche storico-artistiche di questo nucleo dall’alto valore simbolico fanno da spunto anche all’ampliamento del tema in diversi corollari, che si sviluppano in spazi esterni alla Galleria: il Patio del Municipio, in un raffronto tra la vedute di Gerusalemme ieri e oggi, e la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, con un raro documento affrescato».

La Resurrezione di Cristo di Paolo De Matteis (per la prima volta visibile al pubblico al di fuori di Gerusalemme) è uno straordinario olio su tela (151,5 x 142 cm) proveniente dalla Basilica del Santo Sepolcro (Rotonda dell'Anastasi, Edicola del S.S.), così come di eccezionale fattura è l’altra Resurrezione del 1736, bassorilievo cesellato in argento (160 x 197 cm), dal Museo della Custodia francescana in Terra Santa. Due interpretazioni dello stesso miracoloso e mistico evento. L'apoteosi dopo la morte, i bagliori della luce che rompono il torpido buio, un lento placato glorioso turbinio, messaggio di pace e speranza.

Terminata la mostra, queste splendide e commoventi opere rientreranno in Terra Santa insieme con le tre imponenti tele di Francesco De Mura, anch'esse esposte e provviste di restauro esaustivo, ossia l’Elevazione della Croce (Basilica del Santo Sepolcro, cappella di Sant'Elena), inedita e pure per la prima volta visibile in Occidente – drammatica stasi del corpo inchiodato del Salvatore, livido (che contrasto col panneggio, accanto e sotto, di vivido rosso) e orizzontale, solo le ginocchia piegate in un doloroso spasmo, e i muscoli degli “inconsapevoli” aguzzini tesi nello sforzo –, la Pietà (Ain Karem, Museo del Convento francescano di San Giovanni Battista), toccante insieme di madre e figlio, e Cristo nel Giardino degli Ulivi (Ain Karem, Museo del Convento francescano di San Giovanni Battista), la calma visione dell'Angelo, la sublimazione dell'idea del martirio a venire. A questi preziosi lavori si aggiunge l'Adorazione dei pastori del Maestro dell'Annuncio ai pastori (Betlemme, Chiesa di Santa Caterina ad nativitatem), una sorta di oscura serenità a permeare la silenziosa scena.

«Questa epifania di scene sacre si connette con uno sguardo a ritroso, al contributo fornito nel XIII secolo al rinnovamento dell’iconografia e della pittura da parte dal pensiero francescano. Gli artisti in mostra fanno tesoro indirettamente dell’evoluzione iconografica e stilistica che soprattutto da Giotto ha preso le mosse e, risalendo lungo il Cinque e Seicento, con influssi che spaziano da Caravaggio a Ribera o Luca Giordano, testimoniano dello sviluppo successivo intervenuto, nel solco di quella trasformazione iconografica e poetica che fondamentalmente tende ad avvicinare, in declinazioni sempre nuove, il divino e l’umano».

 

Alberto Figliolia


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