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Vetrina/ Gino Songini. In morte di Nelson Mandela
07 Gennaio 2014
 

In morte di Nelson Mandela

 

«Amava le donne e il pugilato, ignorava l'odio»

(Toni Morrison, scrittrice sudafricana)

 

E come hai potuto volgere in sorriso

il tuo lamento, figlio della foresta e del deserto

boscìmano dal polso forte, nomade

della savana riarsa: come hai potuto vedere

da una finestra senza cielo, nera come la notte

di ebano, le cime dei baobab percosse

dai tam tam dell'est e dell'ovest

sulla pista dei leopardi e dei leoni?

 

Su strade di polvere insanguinata

cade la folgore del negriero.

Categoria D. Trattamento duro. Si dipana

la vita come un immobile giorno. Scrivere

non è malinconia, ma vivifico pane

per il detenuto 466/64. Breve la parola

immensa la terra. L'oceanica lontananza

confonde l'acqua e la sabbia, lega le mani

del tempo alle sbarre di Robben Island. Dormono

i leoni. Eppure qualcuno ti chiama, Nelson,

forse una donna abbandonata

forse il tuo popolo che non è di questo tempo

che cammina disperso sulla pista

diretta all'antico sapere di Timbuctu

è l'Africa madre delle piaghe e dei diademi

che brillano nel sorriso dei suoi figli.

 

Si è aperto tra le nuvole uno squarcio

di cielo. Varca l'oceano il suono dei tamburi.

Breve la terra, immensa la parola.

E tu, “prigioniero del giardino”, sai che non bastano

i meridiani e i paralleli a contenerla

né ventisette anni e novanta giorni (“quasi folata

in una stanza chiusa”) a spegnere la fiamma

a soffocare il verbo immortale dell'amore.

Dicembre 2013

Gino Songini


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