Diario di bordo
Anna Politkovskaja uccisa a Mosca per il suo lavoro in difesa dei diritti umani e della libertà: come Antonio Russo
10 Ottobre 2006
 
Sabato è stata uccisa a Mosca, Anna Politkovskaja, giornalista e militante dei diritti umani, e una delle poche personalità russe che in questi anni hanno continuato a portare luce sul conflitto ceceno e sulla politica di repressione e di distruzione portata avanti dal regime autoritario guidato da Vladimir Putin.
Una voce, quella di Anna Politkovskaja, che non aveva mai cessato di denunciare neppure le violenze, gli abusi e gli attentati terroristici realizzati dalla guerriglia separatista cecena.
Anna Politkovskaja era stata minacciata ed attaccata molte volte negli ultimi anni. Nel febbraio del 2001 era stata arrestata da agenti di sicurezza in Cecenia con l'accusa di non avere un'autorizzazione e per questo fu tenuta per tre giorni in una fossa senza cibo ed acqua, mentre un militare minacciava di ucciderla; sette mesi dopo fu di nuovo minacciata di morte da un militare, e fu costretta a rifugiarsi in Austria. Di nuovo nel 2002 dopo essere entrata in modo clandestino in Cecenia per condurre un'indagine sulle torture e gli abusi dei delle forze militari russe, fu arrestata e minacciata all'interno di una base militare.
Nell'ottobre del 2002, la Politkovkaja, che era molto più di una giornalista, per due giorni svolse il ruolo di mediatrice in occasione dell'assedio al Teatro di Mosca da parte dei ribelli ceceni; una mediazione che fu interrotta dall'operazione delle forze speciali russe che portò alla morte di oltre cento civili.
Ancora nel 2004, durante la crisi di Beslan nell'Ossezia del Nord, era di nuovo riuscita ad ottenere di poter avviare una mediazione, coinvolgendo l'allora ancora vivo e Presidente ceceno Aslan Maskhadov, ma in questo caso la mediazione non poté mai iniziare, visto che la Politovskaja fu avvelenata con del tè sul volo aereo che la doveva portare a Beslan, e per questo fu costretta a cure mediche per molti giorni.
Questa tragica vicenda, non può non portare alla mente quella di Antonio Russo, il giornalista e militante radicale che fu ucciso in Georgia nell'ottobre del 2000 alla vigilia del voto delle Nazioni Unite sulla richiesta di espulsione del Partito Radicale Transnazionale dall'ONU da parte delle Russia, ma soprattutto prima che potesse riuscire documentare le violazioni delle norme internazionali da parte dell'esercito russo in Cecenia.
Secondo il Comitato per la Protezione dei Giornalisti di New York, anche la Politovksaya si apprestava a pubblicare un'inchiesta sull'uso della tortura in Cecenia, e visti i precedenti e gli assassinii di oltre 10 giornalisti in Russia negli ultimi anni, si può dire che non si tratta certo di una coincidenza.
Sabato il Ministro degli Esteri D'Alema ha brevemente commentato questa notizia dicendo di sapere «che non potremo fare molto». La Farnesina può invece fare molto, iniziando ad esempio a chiedere la fine dell'impunità per gli omicidi di giornalisti e dei militanti dei diritti umani in Russia e attivandosi in tutte le sedi internazionali, dal Consiglio d'Europa alle Nazioni Unite, per esprimere il proprio chiaro sostegno politico ai militanti dei diritti umani e ai giornalisti indipendenti in Russia, magari prima che siano tutti fatti fuori dagli eredi del KGB che oggi dominano in Russia.
In un'intervista all'Independent del 2004 per presentare il libro La Russia di Putin, Anna Politkovskaja diceva che «Con il presidente Putin non riusciremo a dare forma alla nostra democrazia, torneremo solo al passato. Non sono ottimista in questo senso e quindi il mio libro è pessimista. Non ho più speranza nella mia anima. Solo un cambio di leadership potrebbe consentirmi di sperare, ma siamo in un inverno politico. Il Cremlino sta portando il paese verso il suo passato sovietico».
E poi continuava dicendo che «questo non è stato reso possibile solo dalla nostra negligenza, apatia e paura. È accaduto anche grazie ai cori di incoraggiamento dell'Occidente, in primo luogo di Silvio Berlusconi, che sembra si fosse innamorato di Putin. Lui è il principale campione europeo di Putin, ma Putin ha il sostegno anche di Blair, di Schroeder e di Chirac, e non riceve segni di scoraggiamento da parte di Bush junior».
A queste parole ritengo solo di dover aggiungere che, dopo la visita dello scorso giugno di Prodi a Mosca, e il silenzio assordante sulla situazione dei diritti umani in Cecenia e sul deterioramento della democrazia in Russia, nonostante una sollecitazione precisa dei radicali e dei democratici russi guidati da Garry Kasparov, anche il nome dell'attuale Presidente del Consiglio potrebbe essere messo al fianco di quello del suo predecessore, come uno dei più forti sostenitore di un uomo dal passato, ma temiamo anche dal futuro, autoritario e di stampo sovietico.
 
Matteo Mecacci
(da Notizie radicali, 9 ottobre 2006)

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