Diario di bordo
Valter Vecellio. Condanna di Berlusconi 
Ora ci si puņ occupare di giustizia e referendum senza essere accusati di volerlo salvare?
02 Agosto 2013
   

Quale che sia il giudizio che si dà sulla sentenza della Corte di Cassazione, che nella sostanza conferma la precedente di secondo grado, e condanna Silvio Berlusconi a quattro anni (con rinvio alla Corte d’Appello per quello che riguarda la pena accessoria), si arriva comunque a un punto di chiarezza. Fino a ieri tanti sostenevano che il dichiarato impegno del leader del PdL, e del PdL stesso era poco o nulla finalizzata alla possibile soluzione del problema-urgenza Giustizia, quanto alla soluzione delle personali vicende di Berlusconi. Si è sostenuto che l’impegno del PdL in favore dei referendum radicali era legato a questo obiettivo. Qualunque cosa si poteva dire sulla giustizia italiana, qualunque critica a una decisione della magistratura, qualunque espressione sia pure di cauta perplessità di fronte a sentenze perlomeno discutibili (come quella, per fare un esempio, che ha colpito Ottaviano Del Turco), ed ecco che scattava pavlovianamente l’accusa: a) di minacciare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura; b) voler assicurare impunità a ogni tipo di delinquenti; c) in particolare con i referendum essere complici di ogni possibile nefandezza ordita e consumata da Berlusconi.

Si ricorderà, ad esempio, che Antonio Di Pietro, che in quanto a moralità della politica e gestione “pulita” delle organizzazioni politiche dovrebbe essere l’ultimo a poter dire qualcosa, che prontamente accorre per “avvertire” Beppe Grillo che la sua opzione pro-referendum appena annunciata, è un cavallo di Troia, il dono dei Greci di cui occorre diffidare: perché sono uno strumento per aiutare Berlusconi a farla franca. Di Pietro (e i tanti che assieme a lui ripetono pappagallescamente questa scempiaggine), naturalmente non possono e non sanno spiegare che tipo di beneficio Berlusconi possa ricavare dall’abolizione dell’ergastolo, dall’abolizione della legge Bossi-Fini, dall’introduzione del cosiddetto “divorzio breve”; quale beneficio Berlusconi ricava dal fatto che i magistrati fanno i magistrati invece di essere disseminati nei mille “uffici” della Pubblica Amministrazione; quali i vantaggi dalla riduzione per casi gravi e comunque circoscritti della pratica della carcerazione preventiva, della separazione delle carriere come avviene in tutte le democrazie consolidate, dalla responsabilità civile del magistrato per dolo o colpa grave; quale vantaggio ne ricava Berlusconi dal referendum sull’8 per mille, il finanziamento pubblico, le droghe leggere…

Ad ogni modo: ora Berlusconi è stato condannato, dovrà scegliere se scontare la sua pena tra i servizi sociali o ai domiciliari; vedremo se decadrà da senatore. Fossimo in lui da tempo avremmo firmato, dandone la massima pubblicità, i referendum, e non ci saremmo limitati ad auspicarne il successo. Fossimo in lui, ieri sera, dopo i nove minuti impiegati per denunciare la persecuzione che a suo dire si consuma e si è consumata ai suoi danni, ne avremmo impiegato un decimo, per esortare tutti a firmare e annunciare che si sarebbe andati a farlo. Ma Berlusconi è, appunto, Berlusconi: e queste cose non le capisce. Però ora si può finalmente parlare dell’emergenza giustizia, si può chiedere al paese di pronunciarsi su temi cruciali come quelli dei dodici referendum senza per questo essere accusati di voler essere strumenti di chissà quali trame e complotti berlusconiani; senza essere accusati di voler salvare il leader del PdL da sentenze e condanne; ora che Berlusconi è stato condannato definitivamente, chi è contrario alla lettera e alla sostanza dei dodici referendum può esprimere questo suo dissenso, senza fare ricorso a pretestuose, inesistenti e stupide argomentazioni come ha fatto finora?

 

Valter Vecellio

(da Notizie Radicali, 2 agosto 2013)


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