Diario di bordo
Quanto dolore deve sopportare una donna? Omaggio ad Agnese Borsellino
06 Maggio 2013
 
   Addio, SIGNORA Agnese Borsellino.
   Lo scrivo maiuscolo, perché era una vera signora, e non certo per il cognome aristocratico, né per essere stata la moglie di un eroe come il giudice Paolo Borsellino. Ma per il “dopo”.
Dopo quella morte selvaggia, feroce, spietata, per mano di una mafia guidata da altissimi poteri, la sua vita si era spezzata in mille parti, come il corpo del suo Paolo. Ma lei ha ricomposto i pezzi e ha tirato avanti. Lo ha fatto per i figli, per Lucia, per Manfredi e per la piccola Fiammetta, per crescerli come Paolo avrebbe voluto… esseri liberi in una libera terra.
   Potevano scappare via dalla Sicilia, ne avrebbero avuto diritto, loro più di tanti altri. Ma non l’hanno fatto. Hanno continuato a vivere a Palermo, a regalare i loro giorni e il loro lavoro a quella città insanguinata che aveva distrutto la loro famiglia. Perché loro erano e sono la Sicilia più bella e più pulita, l’esempio da seguire. E per creare un esempio stupendo ci vuole il lavoro di una donna stupenda, come era la SIGNORA Agnese.
 
   La SIGNORA Agnese è morta ieri, dopo una lunga malattia costellata da umiliazioni inaudite. Le bugie sull’agenda rossa del marito, le vittorie della mafia in politica… ma anche quelle pesantissime e inaudite come quello striscione che voleva aprire davanti alla finestra di Papa Francesco in forma di saluto e che è stato sequestrato dalla polizia in Piazza San Pietro, il mese scorso. O come quella -vergognosa, bruciante, verminosa, oltraggiosa- di Silvio Berlusconi che dal pulpito di un comizio romano “ordina” ai propri seguaci di calpestare le facce della “giustizia cancro d’Italia” e stende a terra un tappeto con sopra stampata la faccia di Paolo Borsellino.
   E alcuni di questi esseri senza scrupoli e senza dignità hanno passeggiato davvero su quel viso!
   Voglio usare proprio questa foto per ricordare la SIGNORA Agnese. Voglio che gli Italiani non dimentichino questa scena schifosa. Perché una scena come questa, che a me, cittadina qualunque, provoca rabbia e lacrime… credo sia in grado di uccidere l’anima forte di una donna che ha lottato tutta la vita per la giustizia e che non regge a vederla calpestata sulla pubblica piazza, nelle sembianze dell’uomo che amava.
   Oggi Agnese è di nuovo insieme a Paolo. Mi sembra di sentire il loro amore che piove su di noi, in una nuova gioia che meritano entrambi e che su questa Terra hanno goduto per poco tempo. E la colpa è anche un po’ nostra. Nostra, di tutti. Di quelli che hanno calpestato quella foto, di quelli che hanno votato chi ha dato l’ordina di calpestarla e di quelli che, pur essendo all’opposizione, lo hanno tollerato e lo tollerano tutt’ora.
   Ma Agnese ci ha insegnato a lottare. E noi lotteremo ancora, finché non si realizzerà quel sogno che è nato con lei e la sua splendida famiglia.
 
Grazia Musumeci

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