Diario di bordo
Patrizia Garofalo. Siamo sicuri sia solo la crisi?
08 Aprile 2013
 

Non ho nessuna competenza per entrare in quella zona oscura della mente, in quel cono irreversibile d’ombra che un uomo varca come unica chance rimasta a dimostrare insieme alla sofferenza, la “sedicente” dignità. Mi riferisco al suicidio e al senso di colpevolezza, responsabilità, vuoto e dolore che lascia una decisione così azzerante.

Ricordo che anni fa, spesso discutevano in televisione esperti psichiatri e i fatti venivano almeno sottoposti a lettura. Psichiatri come Stefano Caracciolo e Paolo Crepet, esperti de “la dimensione del vuoto” hanno contribuito e offerto un grande aiuto alla meditazione e alla attenzione. Oggi non è più così, ma è importantissimo e gravissimo che si sia ormai dato per scontato l’assioma che “perdere il lavoro” venga a significare “la fine della dignità personale”. Chi diventa povero (perché i poveri “ altri” ci sono sempre stati ) è non più persona, padre, marito, cittadino… è niente. Se non si produce quindi ci si rottama da soli. Questa la posizione della stampa. Almeno di quanto ho letto.

Che sempre più si coniughi la dignità come necessario elemento a quanto e se si produce, è a mio avviso profondamente devastante e lancia un messaggio che certamente non aiuta e spinge al convincimento che niente valga e che a niente ci sia soluzione. Deleterio messaggio anche e soprattutto per i giovani dei quali poi ci si meraviglia della mancanza di empatia, curiosità e ricerca. Nessuna attenzione alla solitudine, all’emarginazione, alla mancanza di comunicazione, alla possibile ed umile richiesta d’aiuto, niente per gli sguardi distratti di chi sembra aver paura a dire “hai bisogno?”… niente che consoli la paura, la miseria?… niente da tanto tempo.

Oggi sembra che finalmente si sia potuto dare un nome al deserto umano e finalmente si chiama “crisi”. Riporto una frase di Pannella a conclusione di queste poche righe: “quando incontro qualcuno non chiedo mai da dove venga e cosa abbia fatto ma se, anche per poco, potremo camminare insieme: diamoci la mano”.


Patrizia Garofalo


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