In tutta libertà
Alberto Figliolia. “Yoyo” di Pierre Étaix 
Da vedere assolutamente
29 Marzo 2013
 
   Un po' clown un po' attore, un po' regista un po' mago, un po' disegnatore un po' organizzatore. E sempre toccando vertici di inaudita bravura. Difficile incasellare in un mestiere o attività Pierre Étaix, nato a Roanne nel 1928. Amico di Jacques Tati, con cui ha lavorato (Mon oncle, 1958), il genio di Étaix è fuori discussione. Per questo è altamente meritoria la riproposizione che la Fondazione Cineteca Italiana fa del suo lungometraggio (il secondo) Yoyo sino al 4 aprile nella Sala “Alda Merini” dello Spazio Oberdan della Provincia di Milano (viale Vittorio Veneto 2, Milano).
   Yoyo, film del 1964, restaurato di recente e ridistribuito nelle sale cinematografiche francesi, è una preziosa gemma, un capolavoro di delicata surrealtà. Girato in un poetico bianco e nero, è alimentato dalle più disparate fonti d'ispirazione ed è, nel contempo, un commosso omaggio al mondo del circo che tanto nel cuore sta a Étaix.
   La storia è semplice, ma sviluppata con gran sapienza, e si nutre di felici balzi: un ricco e annoiato signore, rovinato dalla crisi planetaria del 1929, ritrova il suo vecchio amore, che fa la cavallerizza/acrobata in un circo, con tanto di figlio che avevano fatto insieme (lo Yoyo del titolo). I tre si riuniscono con letizia e girano per ogni dove della Francia con il proprio circo familiare. Romantica visione, idilliaco senza sdolcinatezze. Gli eventi si succederanno sotto i cieli, ci sarà la Grande Guerra, altri circhi, e Yoyo diverrà famoso grazie anche a un nuovo mezzo: l'onnivora televisione. Recuperato il vecchio augusto palazzo dei suoi genitori, nel corso di un ricevimento fatto di finta allegria, nella scintillante dimora rimessa a nuovo, fra arrivisti e superficiali, macchiette e improbabile fauna umana, fa irruzione un elefante, un magico animale dell'infanzia per portarlo in salvo...
   Invero Yoyo è colmo di spunti, gag, muovendosi fra muto e parlato, spunti e idee, ricco d'immagini, ironia e citazioni (Buster Keaton, in primis) e, come detto, tanto amore per il circo, luogo di fantasia e d'innocenza. «Sono un ebanista, un artigiano del cinema, un falegname che si diverte a fare quello che vuole», dice di sé Pierre Étaix. «Umorismo e ritmo, mentre le prove di originalità e inventiva sembrano apparentemente senza limiti», è stato con giustezza scritto.
   Anche la sceneggiatura è di Pierre Étaix (con Jean Claude Carrière). Fra gli interpreti, oltre a Pierre, Claudine Auger, Luce Klein, Philippe Dionnet e Roger Trapp.
   Giudizio: deliziosamente spiazzante. Da vedere, assolutamente.
 
Alberto Figliolia

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