Oblò Mitteleuropa
Segreti di primavera in una lirica di Heinrich Heine 
di Gabriella Rovagnati
26 Marzo 2013
 

Critico, narratore, saggista, ma soprattutto poeta di grande talento, Heinrich Heine (1797-1852) nacque da una famiglia di commercianti ebrei a Düsseldorf negli anni in cui, grazie ai francesi, anche alla minoranza di religione giudaica venne concessa piena parità giuridica. Heine crebbe così guardando con estremo favore alla rivoluzione francese, che aveva proclamato i diritti dell’uomo e contribuito in maniera decisiva all’emancipazione e all’assimilazione degli ebrei, nutrendo invece una decisa avversione per la politica reazionaria della Prussia. Dopo aver frequentato un istituto commerciale, fu assunto come impiegato dallo zio Salomon, ricco banchiere di Amburgo; ma dati gli scarsi interessi del nipote per quell’attività, lo zio decise di permettergli di proseguire gli studi e di frequentare la facoltà di giurisprudenza. Nei quattro anni trascorsi ad Amburgo presso parenti molto facoltosi, Heine ebbe modo di sperimentare la sperequazione economica fra i vari ceti e cominciò a diventare molto critico verso una società fondata sulla discriminazione e l’ingiustizia. A questo malcontento si aggiunsero le pene per il grande amore, non corrisposto, per la cugina Amalie. Nel 1819 Heine si trasferì all’università di Bonn, seguendo, oltre che i corsi di diritto, lezioni di letteratura e di storia: entrò così in relazione con August Wilhelm Schlegel che lo spronò a continuare l’ormai avviata attività letteraria, fatta soprattutto di poesie e ballate storiche composte sul modello romantico. Da Bonn Heine passò, nel 1820, a Göttingen e da lì a Berlino. Gli anni berlinesi furono fondamentali per la formazione spirituale di Heine, che nel salotto di Rahel Varnhagen venne in contatto con le maggiori personalità letterarie dell’epoca e all’università ebbe modo di seguire le lezioni di Hegel, che lo confermò nel suo ottimismo e nel suo credo nel progresso. Heine diventò così un mordace e audace critico della società retriva del suo tempo ed espresse il proprio dissenso in poesie cariche d’ironia, in cui, senza rinunciare mai a uno struggente lirismo, abbandonò progressivamente il verticalismo dei romantici per dare ai propri versi maggiore incisività concreta. Conclusi finalmente gli studi nel 1823, il giovane poeta intraprese, l’anno seguente, una peregrinazione attraverso le montagne dello Harz, arrivando fino a Weimar, dove ebbe modo di incontrare Goethe. Nel 1825 Heine, che come ebreo non aveva diritto ad accedere a un posto statale, si convertì al protestantesimo, conquistandosi con questa discussa conversione l’ingresso nella cultura europea. Fra il 1825 e il 1839 condusse una vita vagabonda, facendo, tra l’altro, un viaggio in Inghilterra e uno in Italia. Al successo arrivò con l’antologia lirica Buch der Lieder (Libro dei canti, 1827), uno dei canzonieri più amati dell’Ottocento, e con gli irriverenti Reisebilder (Immagini di viaggio, 1826-31), in cui si mescolano lirica, satira sociale e prosa realistica. Spirito democratico e libertario, coraggioso e disinvolto nell’esprimere le proprie idee, Heine, che si era sempre sentito spiritualmente limitato in Germania, nel 1831, dopo la rivoluzione francese di luglio, si trasferì come esule politico a Parigi, città in cui trovò facilmente accesso ai circoli letterari e politici e si avvicinò sempre più al socialismo utopico di Saint Simon. Del suo impegno politico e della sua vena satirica rende testimonianza la fertile attività giornalistica di quegli anni, composta di numerosi pezzi sulla vita parigina per giornali tedeschi e di diversi articoli sulla Germania per vari fogli francesi. Durante il soggiorno parigino uscirono le Neue Gedichte (Poesie nuove) che inizialmente contenevano anche il poema satirico Deutschland. Ein Wintermärchen (Germania. Una fiaba d’inverno, 1844), nel quale la patria è rappresentata come retrograda e immobile.

Nel 1844 però Heine si ammalò anche di una forma di paralisi progressiva che dal 1848 lo costrinse a letto, finché la morte lo liberò dai suoi tormenti fisici e spirituali nel 1856.

 

Quale saggio del tratto ironico dei melodiosi versi di questo poeta, propongo qui dalla sezione Neuer Frühling (Nuova primavera) delle Poesie Nuove, la lirica numero XIII:

 

Die blauen Frühlingsaugen

 

Die blauen Frühlingsaugen
schauen aus dem Gras hervor;
das sind die lieben Veilchen,
die ich zum Strauß erkor.

 

Ich pflückte sie und denke,
und die Gedanken all’,
die mir im Herzen seufzen,
singt laut die Nachtigall.

 

Ja, was ich denke, singt sie
laut schmetternd, daß es schallt;
mein zärtliches Geheimnis
weiß schon der ganze Wald.

 

 

Gli occhi blu della primavera

 

Gli occhi blu della primavera

spuntano tra la verzura;
sono le amate violette,
che ho scelto per un mazzetto.

 

Le ho colte e intanto penso,
ed i pensieri tutti,
che mi sospirano in petto,
or l’usignol gorgheggia.

 

Sì, canta quel che penso
con voce forte, che riecheggia;
a conoscere il mio tenero segreto
è ormai il bosco intero.


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