Telluserra
Maria Lanciotti. Panorama
30 Dicembre 2012
 

Panorama” è la terza sezione – dopo “Fotogrammi” e “Campo lungo” – della raccolta di poesie Questa terra che bestemmia amore (Edilet, 2009). Una rapida scorsa, tra lirica e storia, al secolo passato e agli accadimenti che l’hanno caratterizzato, per tentare di dare un senso alla Storia che stiamo vivendo. Panorama fa riferimento all’Italia del dopoguerra, con la massiccia ondata di emigrazione interna dal Sud al Nord, e agli sconvolgimenti degli anni del boom economico e disastrose conseguenze.

 

 

 

PANORAMA

 

 

E sfilano paesaggi

 

Conclusa un’epoca,

racchiusa dentro

l’albo

delle foto.

Generazioni nuove

si affacciano alla vita

puntando avanti.

La terra pregna di fatiche

antiche

non ha più voce

per richiamarli indietro.

I padri ammutoliscono

sconfitti.

Si parte per il nord,

con l’organetto in tasca

e una valigia

che non pesa niente.

 

Il treno corre

e sfilano paesaggi.

 

 

Una cartolina

 

Resiste il fico

accanto alla fontana,

la vite di moscato

lungo il viale,

il prugno fra il roseto

ingarbugliato.

Nell’orto la gramigna

spadroneggia,

i rampicanti corrodono

la casa.

Le anziane

sfilano in un canto

la corona,

gli uomini curvi

con la chioma bianca

prendono il sole

con le spalle al muro.

 

Aspettano pazienti

una cartolina.

 

 

Una storia inventata

 

Il tempo prende a correre

impazzito.

Si sale e non si scende

dal circuito.

Robotizzate le case

splendono inodori.

Le donne

escono presto per andare in fabbrica

vestite casual

un peso qui,

dove il cuore batte,

per i figli lasciati in altre mani.

 

Stasera racconteranno loro

una storia inventata.

 

 

Come fuochi fatui

 

Risuona l’Italia di clacson festosi.

I sorpassi si susseguono ai sorpassi,

lo status symbol il traguardo ambito.

La Dolce Vita è un urlo di rivalsa

che spacca il tempo fra prima e dopo

il boom.

Il progresso lanciato come un bolide

lascia indietro chi non si mette

al passo.

I vecchi ammoniscono fra i denti

contro i rischi della modernità,

ma li zittisce il rombo dei Costellation

che seguono le rotte intercontinentali.

 

Tremano le lucciole residue

come fuochi fatui.

 

 

Come si allevano i polli in batteria

 

Rito di massa il camping

nel weekend.

Si parte per tornare

ricaricati

a molla.

Produrre e consumare

il nuovo ordinamento.

Tornare nel proprio appartamento

con doppio bagno

e salone ampio,

e un condominio severo

da caserma:

nel cortile non si gioca

a palla,

nei giorni festivi sosta vietata

a cani e bambini.

I pesciolini rossi

nell’acquario

girano in tondo annoiati e sazi.

 

Fanno vedere alla televisione

come si allevano i polli in batteria.

 

 

Spauracchi per i merli

 

Strepiti di guerra

scuotono il pianeta,

ritornello ossessivo

la conta dei morti.

Nebbia tossica e droga

avvelenano la vita,

spengono ideali.

Abbandonato ogni credo

s’insegue la via cosmica.

 

Le bandiere lacere dei padri

spauracchi per i merli.

 

 

Ubriacano i sensi

 

Filosofia dell’arte

e della scienza

impegna menti

eccelse.

Scientismo e coscienza

quiproquò insolubile.

Banditori di fedi

battono all’asta epifanie.

Taoismo

mantra e màntica

scacciano croci e chiodi.

Tattoos

colorano ferite,

l’apatia narcotizza

la vita.

Oscillano i padri

fra legge divina

e naturale.

 

Monodie e polifonie

ubriacano i sensi.

 

 

Stridenti nel cervello

 

Sgombro il cielo

di cervi e tappeti

volanti.

Indiani metropolitani

infilano perline

agli angoli delle vie

sognando il villaggio

ai piedi di Huando.

Il collettivo jazz

improvvisa poliritmie

dal gusto forte

negro–americano.

 

Disarmonie inspiegabili

stridenti nel cervello.

 

 

Navigando su Internet

 

“Era bello il mio ragazzo

col vestito della festa…”

batte in testa una canzone

e una pena

disumana.

Alienati dalla vita,

paradiso artificiale

annebbiato di diossina,

ci si slaccia la cintura

per un salto

di corsia

che non fa la differenza

e non dà nessuna

prova

della propria autonomia.

 

Si evade da pirati

navigando su Internet.

 

 

Speranze coltivate in laboratorio

 

Pittogrammi

falciano

campi di grano.

Coincidenze esoteriche

impegnano

astrologi e occultisti,

simbolismi

e alchimia

appassionano

sensitivi e profeti.

In altro campo

bionici progettano

organi

viventi,

l’ingegneria genetica

scombina corredi.

Ibrido d’innesto

produce mele

nere.

 

Fecondazione in vitro

speranze coltivate in laboratorio.

 

 

Vuota la cassetta della posta

 

Si attende la venuta degli

alieni

come allora il messia.

Avverso al proprio simile

l’uomo congettura stellari

alleanze,

approdi in remoti lidi.

Intanto chatta

e scrive sulla sabbia.

 

La mailbox intasata,

vuota la cassetta della posta.

 

 

Senza vele e porto

 

La pop art trasforma in messaggi

la ferraglia

e spara a mitraglia

ammonimenti impliciti.

La musica pop si diffonde

e prospera

col suo linguaggio giovane

e ribelle.

Toccata e fuga

la messa a fuoco

di brancolamenti

fra mulini a vento

e reali impellenze.

Mutanti senza antenne

e cosmonave

appesi per il collo

a una chimera,

i piedi appena poggiati

sulla terra,

dondolanti come marionette,

i fili consunti dall’usura,

si attende il momento di cadere

per capire se è vero

che dopo ci sarà la risalita.

 

Intanto si viaggia con la luce

senza vele e porto.

 

 

Oltre la soglia di rischio

 

Allucinazioni proiettate

dalle menti isolate

combattute

con antidepressivi,

onirici messaggi

sottoposti a analisi.

Soggetti bordeline

studiati al microscopio

come funghi,

nessuno che li guardi mai

negli occhi.

L’accidia si dipinge

sulle facce

con il colore itterico

e le sue pieghe amare.

 

S’alzano i valori del sangue

oltre la soglia di rischio.

 

 

Come moscerini

 

Chiusi i confessionali,

si cercano invano

assoluzioni.

Self–help

lanciati da parete

a parete

rimbalzano nel cranio

fatto vuoto.

Strette negli alveari

famiglie nucleari

tessono legami

doppi.

La fobia dei ragni

rattrappisce i nervi.

Il male oscuro

teorema conturbante

senza assiomi.

Insofferente,

il gatto di casa

si lucida gli artigli.

Sotto la cappamagna

volano basso

i pensieri

come rondini

a sera.

 

Voli low cost

fitti come moscerini.

 

 

Contro l’orrore delle stragi quotidiane

 

Si gratta e non si vince.

L’azzardo è tutto nel gioco

della lotteria.

Slot machines abbaglianti

piovre.

Grandi discorsi di etica

e morale,

eutanasia

clonazione

diritti umani,

chiacchiere sconnesse

da salotto,

rovello tormentoso

senza uscita.

Fanno share

gli specialisti delle varie

branche

gettati a corpo morto

nella zuffa.

 

Shopping terapia

contro l’orrore delle stragi quotidiane.

 

 

L’impotenza d’amare

 

Neonati abbandonati

miagolano come gattini ciechi,

piccoli rom arsi nei container

sfiammano scintille crepitanti.

Trans e clandestini

materia prima

per una caccia grossa.

La città non tollera miserie,

ai margini respinge ogni bruttura.

Nelle baracche sature di radon

si beve acqua all’arsenico e vino

al metanolo,

si suda nelle brande

nude

il raccapriccio di esistere.

 

Si consuma sotto i ponti

l’impotenza d’amare.

 

 

Cercando un nido e una pozza

 

Guerre a coltello

fra le mura di casa,

per le strade

i vicoli

i quartieri.

Lo stupro missione giornaliera.

Aids e Hiv

danzanti maschere

di un macabro Halloween.

In un retromondo popolato

di incubi

si urla a labbra strette

lo sgomento.

Scorre il fango dai fianchi

delle montagne glabre,

si asciugano le vene d’acqua

succhiate a dismisura.

 

Pigolano gli uccelli

cercando un nido e una pozza.

 

 

La bibbia rilegata in cuoio

 

Arredi d’ambientazione

hawaiana

rivestono le case

di fioriture abnormi.

Aria viziata

d’incensi e spezie,

luce fluorescente,

porte e finestre a chiusura

stagna,

insonorizzate le pareti.

Souvenir viventi

condividono spazi,

il pitone srotola pigro

le sue spire

sul parquet incerato,

l’iguana

immobile sul ramo

socchiude maestosa le palpebre

sul suo sguardo verde,

la scimmietta fa il verso

al pappagallo.

Nella vasca piranhas

divorano tigri di carta.

L’Ecce homo di Nietzsche

aperto alla prima pagina

del prologo

mostra evidenziato in rosso:

Rovesciare gli idoli.

 

Troneggia sul leggio

la bibbia rilegata in cuoio.

 

 

Bocconi che sembrano rubati

 

Dove sono finiti i ladri

di fiori,

la guerra delle arance,

i gelsi e le libellule?

Dove sono finite le preghiere

sgorgate dai cuori semplici

e puri,

il grazie alla Natura per il grato

sapore

del pane spezzato?

 

Amaramente si portano alla bocca

bocconi che sembrano rubati.

 

 

Invocano i saggi l’uragano

 

Rettili sotto spirito

aironi imbalsamati

bozzoli secchi

farfalle sfarinate,

soggetti per disegni

di scolari.

Si specchiano i cieli in occhi

tumefatti,

ristagnano i fiumi nei canneti.

 

Pioggia acida scotta colture,

invocano i saggi l’uragano.

 

 

Questa terra che bestemmia amore

 

Impasto di ossa sangue cervello

questa terra che bestemmia amore,

questa terra impasto di dolore.

Pesano le scarpe

il vestito la pelle

le membra,

l’empio scempio

della prima innocenza.

Scorre la lingua assetata

sul filo d’erba riarso

cercando parole da dire

e udire

nel morendo d’un turbine

di vento

 

questa terra che bestemmia amore.

 

 

In ogni punto della terra

 

Un pianto arriva dalla lontananza

dei millenni,

un pianto atteso

disperato e dolce.

Un vagito che s’alza

sopra livori eterni,

sopra le rocce sgranocchiate

dai fulmini,

sopra le case senza pace

e gioia.

E vola su deserti e mari

sopra foreste e laghi

sopra savane e steppe

sopra capanne e regge,

immenso vagito di neonato

uomo

risorto da se stesso,

voce e pensiero

sangue e desiderio,

stordente meraviglia.

 

Si ferma la violenza

in ogni punto della terra.

 

 

Maria Lanciotti

(tratto da Questa terra che bestemmia amore, Edilet, 2009)


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