Lo scaffale di Tellus
Valter Vecellio. Segnali di distensione. Marco Pannella si racconta e si commuove 
Antonio G. D'Errico per Edizioni Anordest
29 Novembre 2012
 

Il titolo ti fa pensare: ma che titolo è? Cosa significa, che cosa ci si vuol dire, con quel “Segnali di distensione”? E ancora: va bene, Marco Pannella si racconta, ed è un bel racconto che si sviluppa e si dipana per quasi duecento pagine. Dice tante cose Marco, è fluviale, un Danubio e un Mississippi, ne ha viste tante, e ne ha fatte ancora di più, conosce tutti, e da tutti è conosciuto… Non c’è italiano che non gli debba qualche cosa, e non solo italiano. Un gigante. Ma la commozione è il sentimento che proviamo una volta letto questo suo “monologo”? Intendeva forse commuoverci, Marco? O piuttosto è l’ennesimo, instancabile suo tentativo di farci conoscere, capire, renderci consapevoli, mostrarci il volto di una realtà conoscibilissima, ma che per le nostre pigrizie, le nostre confortevoli certezze, i nostri pavloviani riflessi, tendiamo a non vedere?

Insomma, caro Antonio G. D’Errico che hai confezionato questo bel libro pubblicato da Edizioni Anordest (pagg. 187, 15 euro), cosa hai voluto dire e dirci con questo titolo strano? Pannella, dici, «commuove quando parla di giovani generazioni che non cercano il confronto ma tendono all’aggressione verbale e non solo. Giovani che manifestano odio, scaturito da una cieca ottusità e di adesione alla dottrina che non ammette confronto. Commuove anche quando racconta di giovani che lo riconoscono per strada, che lo salutano e gli dicono: sei l’unico! Ma non lo prende come un complimento, si risente: perché gli unici, dice, vanno fatti fuori, no? Essendo gente comune, ogn’uno di noi è unico…». Pannella, mi permetto di dire, rende consapevoli, è maieutico, una levatrice del pensiero e della ragione. Ma sì, forse ci sta anche la commozione…

Per cercare di capire non c’è altro da fare che leggere il libro; che visivamente si presenta bene: caratteri tipografici che non spaccano gli occhi, ben rilegato non ti si sfascia in mano mentre lo sfogli… non sono cose da poco, anche l’“oggetto” ha sua importanza. In copertina due belle fotografie di Marco; e anche all’interno: Pannella in tuta mimetica militare, quando con altri dirigenti e militanti radicali trascorse il Capodanno nelle trincee della Croazia invasa dalle truppe di Milosevic; il congresso radicale del 1992, quello che fissò come obiettivo trentamila iscritti (e l’obiettivo venne conseguito); al congresso del CORA ospitato da Vincenzo Muccioli nella comunità di San Patrignano; ai funerali di Piergiorgio Welby, e quando viene eletto segretario del Partito Radicale Demba Traoré; a casa sua, vicino Fontana di Trevi, e a colloquio con Roberto Saviano; con Emma Bonino e con Argentina Marchei, la notte del 2 dicembre 1970, quando alla Camera dei Deputati veniva approvata la legge sul divorzio (e andate a informarvi voi chi era e cosa ha rappresentato Argentina); con Enzo Tortora, imbavagliato con Emma a una tribuna elettorale, vestito da Babbo Natale, e a Bruxelles, mentre la gendarmeria lo trascina via, a colloquio con Giovanni Paolo II e con Giorgio Almirante… quante altre, di fotografie, se ne potevano scegliere; ma questa sola selezione vale tutti i quindici euro del prezzo del libro. Che ha molti altri pregi.

Non so con quali capacità deduttive D’Errico sia riuscito a convincere Marco a dedicargli sedute su sedute, e a parlare davanti a un registratore di tutto; un Pannella in ottima forma, ed ecco il film con gli obiettivi e le ragioni delle battaglie politiche in corso; quello che è stato e perché; e quello che ci si augura possa essere… Un racconto che si sviluppa in otto capitoli, dove Marco parla di sé, e quindi di noi: quella pattuglia di “pazzi malinconici” che sessant’anni fa, a dispetto di ogni logica e buon senso, seppero sottrarsi alla tentazione di fare le cose “ragionevoli” e fecero le cose giuste. È grazie a quelle scelte, a quella ostinazione, a quella cultura per anni mortificata e negata, se oggi siamo quello che siamo… le lotte per la giustizia e l'amnistia, quelle di oggi e quelle di sempre; i referendum, l’analisi sul regime, la sua dimensione strutturalmente, tecnicamente criminale (e spesso criminale anche sotto il profilo del codice penale…).

Se puntigliosi si impugna la matita rossa e blu, si possono senz’altro trovare qua e là ingenuità e “stonature” stilistiche che strappano un sorriso. Ma, beninteso, è un cercare il pelo sull’uovo, quando l’uovo c’è, ed è bello grosso. È stato bravo D’Errico a “tradurre” in forma scritta le immaginiamo lunghe conversazioni con Marco, che come d’abitudine avrà, nel suo dire, aperto mille parentesi, tonde, quadre, graffe… No davvero: non dev’essere stato facile rendere leggibile, nella sua forma scritta il “parlato” pannelliano. D’Errico è riuscito nella sua impresa, e ci regala un libro che faremo bene a procurarci: anche chi con Marco ha una certa consuetudine, lo conosce e lo frequenta, e magari ascoltando un inizio di frase sa già dove e come la concluderà, farà bene a procurarselo e a dedicargli qualche ora. Ma, naturalmente, ci si augura che il libro sia letto soprattutto da non radicali: da quella “brava gente”, per rubare un’espressione di Pannella, che da trenta-quarant’anni subisce e patisce un regime fatto di menzogna e negazione della conoscenza. Leggendo questo libro-conversazione se ne ricava un’immagine di Pannella che certo corrisponde all’idea che di lui ci si è fatta; ma il libro contiene qualche piacevole e utile sorpresa anche per chi i radicali li frequenta e Marco lo conosce. E poi ringraziatelo D’Errico. Il suo libro è aria pulita dopo aver respirato a lungo porcherie e smog. Leggere per credere.

 

Valter Vecellio

(da Notizie Radicali, 29 novembre 2012)


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