Diario di bordo
Dimitri Buffa. È il momento di Pannella presidente
03 Novembre 2012
 

Pannella for president. Si intende della Repubblica Italiana. Prima di ritrovarci Grillo premier e Di Pietro al Quirinale. Anche perché in fondo in Italia i veri grilli parlanti, sempre acciaccati dal martello della disinformazione radio televisiva pubblica e privata, sono stati storicamente proprio i massimi esponenti della galassia radicale.

Oggi il comico genovese e quello molisano si fanno belli con le loro presunte mani pulite e con un tam tam in rete che, nel caso di Grillo, sostituisce la presenza televisiva. Di Pietro invece nei talk show possiede una seconda o terza o quarta casa, a seconda di come si valuta il patrimonio immobiliare dell’Italia dei Valori. Nessuno si chiede come mai i radicali dopo 55 anni e passa di attività politica a malapena posseggano la sede di via di Torre Argentina? Come mai a loro i soldi non bastino mai e sommergano gli iscritti con continue richieste di finanziamento? O perché gli altri partiti invece, anche quelli piccolissimi, non abbiano questi problemi? O come mai il solo patrimonio immobiliare della ex An sia quasi pari a quello di Tecnocasa? L’onestà assoluta in politica è peraltro un falso totem. Il vero motivo per cui si dovrebbe scegliere Marco Pannella per il Quirinale e magari Emma Bonino o, meglio Rita Bernardini, come premier, sta nei contenuti della proposta radicale. Si parla di onestà, ma perché poi l’Idv dentro al consiglio regionale del Lazio, ufficio presidenza, non ha appoggiato la richiesta di anagrafe elettorale degli eletti e dei nominati presentata dai consiglieri radicali Rossodivita e Berardo? Non era meglio prevenire?

Mutatis mutandis, dalla giustizia allo sport, dalle pensioni all’economia, dai contributi silenti al divorzio breve, dalle carceri alla responsabilità civile del magistrato, dal problema dell’esperanto a quello dei malati di Sla, dalla pena di morte al tribunale penale internazionale, dalle mutilazioni genitali femminili al proibizionismo pluriomicida sulle droghe, dalla guerra in Iraq e dalle menzogne istituzionali su Saddam Hussein a quasi ogni particella elementare dello scibile umano e politico, c’è un solo partito che può affermare “noi l’avevamo detto”. Grilli parlanti, non grillini.

Eppure i radicali non raccolgono i frutti di questa tenace e costante lotta politica. Non sono mai profeti in patria. Circondati dalla indifferenza quando non dalla ostilità. Sembrano vecchi. Sono calunniati: “si buttano una volta a destra e una a sinistra”. Senza mai volere capire che i radicali vanno dove sembra possibile affrontare un programma di governo liberale globale e di massa. E un tempo persino con Berlusconi sembrò possibile.

Ma perché gli italiani, non hanno il coraggio di riversare i propri voti in massa su un partito come quello radicale che non ha fatto loro nessun torto salvo cercare di migliorare la vita di tutti negli ultimi sessanta anni?

Senza radicali saremmo ancora un paese medievale, più vicino all’Egitto e all’Arabia Saudita che all’Europa. Divorzio, aborto, diritti civili, sono cose date per scontate. Ma se avessimo aspettato l’ex Pci non le avremmo avute.

Ora che c’è il rischio di trovarsi (a causa della dissoluzione di un’intera classe dirigente che non si è dimostrata all’altezza) gente assolutamente non equilibrata nei posti chiave delle istituzioni, che si aspetta a dare fiducia a Pannella?

Se non ora, quando?

 

Dimitri Buffa

(da L'Opinione, 3 novembre 2012)


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